Cultura

Street art, istantanee di un cambiamento. Tutto il meglio dell’arte di strada a Roma, in due minuti

di Gabriele d'Angelo

Si chiama Kintsugi. Letteralmente “riparare con l’oro”. Si tratta di un’antica tecnica giapponese, che consiste nel riparare un oggetto rotto con un miscuglio di lacca e polvere dorata. Dietro a questa tecnica c’è un pezzo di filosofia zen: i segni del tempo non devono mai essere nascosti, bensì esaltati e sottolineati, in quanto testimoni della particolare storia di quell’oggetto, che grazie ad essi diventa così ancora più prezioso.

A Roma questo concetto viene applicato quotidianamente dagli street artist che lavorano sul territorio. Da artisti di livello internazionale come Blu, Luis Gomez, o Liqen ad altri meno conosciuti come Lucamaleonte, Alicè, Mr. Klevra e tantissimi altri. Grazie al loro talento le storie di degrado e abbandono che troppo spesso raccontano le periferie della città eterna si trasformano in arte di strada, in macchie di colore in mezzo al grigio del cemento. Il compenso, nella maggior parte dei casi, è nullo o irrisorio, fatto di quello che gli abitanti del quartiere possono offrire. Insieme.

Fotografando queste opere se ne avvicinano in molti. Sul volto hanno tutti stampati lo stesso sorriso orgoglioso: “Hai visto che roba eh?” “Vedessi che bravo quel ragazzo che lo ha dipinto. Io lo conosco!”

Ciò che prima era motivo di vergogna ora è dunque pretesto per vantarsi. Le vecchie cicatrici del tempo sono adesso quadri di speranza, in quartieri come Tor Marancia, Quadraro, Ostiense, Labaro, Testaccio, San Basilio.

E allora quale modo migliore per raccontare queste storie, se non con una tecnica fotografica che si serve proprio dello scorrere dei secondi? Timelapse, d’altronde, significa “lasso di tempo”. Quello impiegato nello scattare le migliaia di fotografie necessarie a comporre un video di due minuti con questa tecnica, alternata ad una sua evoluzione, l’hyperlapse. Tanti piccoli fotogrammi, scattati a pochi centimetri, o a pochi secondi di distanza l’uno dall’altro. Istantanee di un cambiamento che ha necessitato giorni, mesi, talvolta anche anni. Ma che sarà eterno, come la città che lo ospita

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