“Una sinistra radicalmente alternativa, perché per le persone che sono qua il Pd di Renzi è un partito di destra moderata e noi invece vogliamo una forza di sinistra”. Così Tomaso Montanari, dopo aver lanciato l’appello all’unità assieme ad Anna Falcone, ha riunito le forze politiche, i movimenti e le associazioni ‘a sinistra del Pd’, in un Teatro Brancaccio a Roma, per il cantiere di ‘Alleanza popolare: per la democrazia e l’uguaglianza’.  Un progetto che promotori e molti dei protagonisti, vorrebbero alternativo al centrosinistra che Renzi pare voglia costruire con ‘Campo Progressista’ guidato da Giuliano Pisapia, con la benedizione e supervisione di Romano Prodi. Renzi ha aperto a chi riconosce che la bontà e l’efficacia del Jobs Act.

“Pisapia ha espresso la sua solidarietà alla manifestazione della Cgil, quindi su questo punto non c’è accordo tra Renzi e Pisapia” fa notare Massimo D’Alema, Presidente della ‘Fondazione Italianieuropei’ e tra i fondatori di Articolo 1 – Movimento Democratici e Progressisti. Proprio la posizione di Art.1 – Mdp è tra le più complicate e travagliate, costretto a scegliere tra il centrosinistra Renzi-Pisapia oppure decidere di aderire a una forza unitaria di sinistra, assieme a Sinistra Italiana, Possibile, a cui si aggiungano i ‘comitati per il No’ del 4 dicembre ed altre associazioni e movimenti civici. Prova a chiarire la posizione degli ‘scissionisti’ dem, Alfredo D’Attorre (Mdp): “Prodi federatore del centrosinistra? Federatore di quale programma? – sorride D’Attorre – Ieri siamo in stati in piazza con la Cgil: quella piazza ha detto no al Jobs Act. Qualsiasi progetto di centrosinistra va fatto su una radicale discontinuità e di questo credo sia pienamente consapevole anche Pisapia. Noi un’alleanza con chi pensa che il Jobs Act sia una buona legge non la faremo mai. Il primo luglio (giorno dell’iniziativa a Roma di ‘Campo Progressista’) noi diremo: il centrosinistra si può ricostruire cambiando spartito e anche interprete. Renzi è già stato sconfitto dagli italiani lo scorso 4 dicembre, ora – ragiona D’Attorre – dobbiamo evitare che la sua sconfitta trascini alla rovina l’intero centrosinistra. – e sempre D’Attorre aggiunge – con i nostri voti Matteo Renzi non rimette piede a Palazzo Chigi“.

Certo per i ‘bersaniani’ l’attivismo di Prodi ‘collante’ (è l’espressione che ha utilizzato lo stesso ‘Professore’ per delineare il suo ruolo nel tentativo di mediare tra Renzi, Pisapia e fuoriusciti dal Pd), imbarazza e crea tentennamenti: “Prodi? Quando lo si interroga dice sempre che non vuole più occuparsi direttamente della politica italiana, quindi credo che manterrà fede a questo impegno”, auspica Francesco Laforgia capogruppo di Art.1-Mdp a Montecitorio. “Prodi collante del centrosinistra? Prospettiva fuori dalla realtà – è l’opinione del Segretario di sinistra Italiana, Nicola Fratoianni – Renzi ribadisce ogni giorno quanto sia bello il suo Jobs Act e su quello, come sulla ‘buona scuola’, noi abbiamo idee radicalmente opposte alle sue”. “Renzi è stato il prodotto della mutazione genetica della sinistra italiana degli ultimi vent’anni, di cui uno dei protagonisti è stato – insieme a Veltroni – Massimo D’Alema. Noi aderiamo all’appello di Montanari ed Anna Falcone e siamo disponibili ad un progetto di unità con Sinistra Italiana, con Possibile e con chi lotta per l’acqua pubblica e si è battuto per il No al referendum Costituzione”, afferma il segretario di Rifondazione Comunista, Maurzio Acerbo, per il quale “una lista unitaria da Bersani a Rifondazione? Bersani non è Corbyn e lo dice anche lui. Mi sembra una prospettiva irrealistica che spingerebbe tantissime persone di sinistra a votare M5s“.

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