Il risultato che tutti gli riconoscono è l’invenzione della cosiddetta “Cambiale Errani”: un finanziamento della Cassa depositi e prestiti grazie al quale i terremotati dell’Emilia hanno ottenuto sei miliardi per la ricostruzione. La promessa mancata sta invece tutta in una frase pronunciata nel maggio del 2014: “Entro la fine del 2015 gli sfollati che abitano nei container avranno una casa”. In realtà mancano all’appello ancora 335 famiglie. La ricetta di Vasco Errani (che giovedì mattina riceverà ufficialmente la nomina a Commissario per la ricostruzione post-sisma) può funzionare anche nei paesi terremotati del Centro Italia? C’è chi vede nella nomina dell’uomo che per 16 anni ha guidato la Regione Emilia Romagna solo una mossa politica di Matteo Renzi per ricucire con la minoranza Pd (Errani è sempre stato fedelissimo di Pier Luigi Bersani). Altri dicono che il suo ruolo è stato invece decisivo. Come stanno le cose? Partiamo dai dati.

Stando ai numeri forniti dalla stessa Regione in occasione del quarto anniversario delle scosse, ci sono quasi 10mila persone, pari a 3mila famiglie (nel 2012 le famiglie erano 16.547) ancora fuori dalle loro case. Oggi di queste 3mila famiglie, 135 sono ancora nei Map (moduli abitativi provvisori) ‘urbani’, mentre circa 200 si trovano in quelli di campagna. Le casette, che dovevano essere provvisorie, sono a Novi di Modena (37), a Mirandola (30), a San Felice sul Panaro (22), a Cento, Cavezzo, San Possidonio (12 a testa), a Concordia (10). Colpisce in particolare il dato di Novi che ha più Map di Mirandola, nonostante quest’ultima abbia il doppio degli abitanti. Tra le persone ancora senza casa c’è poi chi prende dei contributi per pagarsi un affitto o una diversa ospitalità. “Spero che gli sfollati del Centro Italia non vengano sistemati nel container, come fu fatto con noi: tra le lamiere è impossibile vivere”. Lorena Bonfatti da quattro anni vive in un Map a Novi di Modena, uno dei paesi più colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 che mise in ginocchio la Bassa modenese.

Per la ricostruzione di abitazioni e imprese sono stati concessi 2,8 miliardi euro e liquidati 1,5 miliardi. In totale la stima dei danni fatta all’indomani della catastrofe toccò quota 13 miliardi. Fiore all’occhiello della ricostruzione sono invece sicuramente le grandi multinazionali, in particolare quelle del biomedicale, che sono riuscite a ripartire subito, ma solo grazie alle loro dimensioni e ai lauti rimborsi da parte delle assicurazioni. Faticano un po’ di più le piccole aziende: su quasi 3mila procedure di ripristino di attività produttive, mille ancora attendono l’approvazione.

Per ciò che riguarda le abitazioni e in generale gli immobili, su un totale di circa 9mila progetti, quasi 7mila hanno ottenuto il contributo. Stenta molto di più invece il recupero delle opere pubbliche, in particolare nei centri storici, pieni in molti casi opere di pregio storico e architettonico: basta pensare a Mirandola, Finale Emilia, San Felice sul Panaro, cittadine che vedono molti monumenti ancora inagibili e puntellati o semplicemente semidistrutti. In questo caso solo il 31% dei finanziamenti è stato approvato. “Quando ci sono tantissimi beni culturali che hanno dei vincoli e i funzionari di riferimento vengono continuamente cambiati all’interno delle soprintendenze, si fa fatica”, ammette Fernando Ferioli, fino ad aprile 2016 sindaco di Finale Emilia.

Ferioli ha lavorato fianco a fianco con Errani per due anni: “Fu molto presente sin dalle prime ore del mattino di quel 20 maggio. Ci disse che soldi non ce n’erano anche se poi iniziò una corsa avanti e indietro con Roma per ottenere qualcosa. Faceva incontri costanti coi sindaci, non faceva tutto lui, ma parlava coi territori ed era un tessitore”.

C’è chi però la vede diversamente. “Errani deve imparare a dialogare direttamente coi terremotati, non solo con le istituzioni. Allora potrà fare qualcosa di buono”, spiega Aureliano Mascioli che ha perso la sua casa a Novi di Modena. “Oggi a Novi e in altri comuni del cratere i Map, che io chiamo baracche, ci sono ancora”. Oltre all’allora presidente, anche un assessore di Errani, Giancarlo Muzzarelli, a novembre 2013 in consiglio regionale promise che, “al massimo entro due anni”, i Map sarebbero stati smantellati. Ma sono ancora lì.

Non manca tuttavia il riconoscimento da parte di Mascioli che qualche grosso merito l’allora commissario lo ha avuto nella gestione del post sisma: “È lui che si inventò la Cambiale Errani: un sistema finanziato dalla Cassa depositi e prestiti tramite credito di imposta e che ha portato i finanziamenti a 6 miliardi. Geniale”, ammette lo stesso Mascioli. “Poi però è mancata un po’ di progettualità e non si è concepito il terremotato come soggetto pensante”.

Nel valutare nel complesso il Modello Emilia, anche se la Regione in questo non ha di per sè responsabilità, non bisogna poi dimenticare che la ricostruzione anche qui al nord è stata oggetto degli appetiti della criminalità organizzata. Le carte dell’inchiesta Aemilia della Dda di Bologna parlano chiaramente dei tentativi di infiltrazione nei lavori. “Eppure Errani – garantisce Ferioli – fu colui che volle a tutti i costi il sistema delle white list per escludere dai cantieri le aziende legate alle mafie”. Un sistema che in effetti è riuscito in alcuni casi a frenare e a individuare le infiltrazioni.

Lorena Bonfatti, che prima faceva la commerciante, con il terremoto del 2012 ha perso casa e lavoro. “A quattro anni dal sisma, qui la priorità è far ripartire l’economia di questo territorio e il lavoro, che oggi non c’è. Senza lavoro noi siamo costretti a chiedere aiuti economici al Comune e alle istituzioni per qualsiasi cosa, mettendo da parte la nostra dignità. Non ci piace, ma non abbiamo altra scelta. Solo con il lavoro potremmo tornare a essere delle persone normali, e le città tornare a vivere come una volta”.

Ce la farà Errani? Secondo l’ex sindaco Ferioli sì: “L’Emilia vedeva inizialmente oltre 100 comuni coinvolti e un’area vastissima. Il terremoto di questi giorni ha fatto tantissime vittime ma ha colpito un territorio limitato”.Tra i sindaci dell’Emilia c’è anche Maino Benatti, primo cittadino Pd di Mirandola, impegnato sin dal 2012 nella ricostruzione della sua città: “C’è chi dice che siamo indietro? Ma indietro rispetto a chi? Ci sono zone terremotate che dopo 15-20 anni sono più indietro di noi”.

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