Archiviare la sua posizione perché è intervenuta la prescrizione. È la richiesta avanzata dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e dal sostituto Giorgio Orano per Augusto Barbera, il giudice costituzionale indagato per corruzione. L’inchiesta, aperta dalla procura di Bari e finita a Roma per competenza,  riguarda i concorsi universitari di Diritto pubblico che si sono tenuti tra il 2008 e il 2010 e che secondo i magistrati pugliesi erano “truccati”.

Barbera era indagato per aver “sponsorizzato”, con una segnalazione telefonica, un candidato ad un concorso per titoli all’Università Europea Legionari di Cristo: si tratta di Federico Pizzetti, figlio dell’ex garante per la privacy Franco. Il giudice della Consulta non aveva rinunciato alla prescrizione, e adesso vedrà molto probabilmente archiviate le accuse a suo carico.

L’inchiesta, che ha preso in esame fatti avvenuti tra il 2008 ed il 2010, ha accertato che non c’è mai stato passaggio di danaro, ma solo scambio di favori reciproci. Dei circa 30 indagati (quasi tutti docenti universitari), sono cadute per effetto della prescrizione, ma anche perché risultati estranei ai fatti, le posizioni di quei soggetti i cui fatti attribuiti risalivano al 2008. I pm sono invece pronti a depositare la richiesta di rinvio a giudizio per alcuni professori universitari accusati di aver segnalato candidati nel 2010.

“Prendiamo atto della richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Roma ci riserviamo di leggere il provvedimento e le argomentazioni alla base dello stesso. Sin da subito contestammo con fermezza la sussistenza di qualsiasi ipotesi corruttiva che comunque non faceva riferimento a dazioni di denaro, pagamenti o altre utilità, ma a collegamenti tra diversi concorsi universitari e vari candidati”, hanno commentato gli avvocati Vittorio Manes e Filippo Sgubbi, entrambi legali del giudice della Consulta.

Barbera sapeva di essere coinvolto nell’inchiesta sui presunti concorsi truccati almeno dal 18 dicembre del 2014: quel giorno, infatti, compare davanti ai pm di Bari per mettere a verbale dichiarazioni spontanee accompagnato dal suo legale. Dodici mesi dopo, il 16 dicembre del 2015, viene eletto alla Consulta, sostenuto dal Pd ma anche con i voti del Movimento 5 Stelle che avevano candidato (ed eletto) Franco Modugno, dopo aver incassato il ritiro della propria candidata, la costituzionalista Silvia Niccolai. Il motivo? Anche Niccolai era coinvolta nell’inchiesta della procura di Bari, ma aveva deciso di scrivere una lettera ai parlamentari pentastellati per evitare di essere eletta alla Consulta mentre era sottoposta a indagini.

Articolo Precedente

Calabria, l’uomo delle ‘ndrine parla con il senatore Caridi: “Ci sono amici che ti vogliono votare”

next
Articolo Successivo

Scontro treni in Puglia, avvocato di un indagato “bacia” il piede alla pm. Csm esamina il caso

next