La ‘ndrangheta? “Non esiste più“. Gli ‘ndranghetisti? “Quattro storti che ci credono ancora”. Il futuro? “Bisogna cambiare tutte cose“. Parola di Pantaleone Mancuso, uomo di vertice dell’omonima cosca calabrese. C’è anche un’intercettazione di Mancuso nell’ordinanza con cui il gip di Reggio Calabria dispone l’arresto – tra gli altri – del senatore di Gal Antonio Caridi e dell’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra. È l’inchiesta sui cosiddetti “invisibili” che secondo l’accusa tirano le fila di affari e potere a Reggio Calabria. Dove secondo Mancuso, “la ’ndrangheta non esiste più: una volta a Limbadi, a Nicotera, a Rosarno, c’era la ’ndrangheta! Ora cosa c’è più? È rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla ’ndrangheta! È finita! Bisogna fare come per dire: c’era la democrazia, è caduta la “democrazia” e hanno fatto un altro partito. Forza Italia, forza cose… Bisogna modernizzarsi! Non stare con le vecchie regole! Il mondo cambia e bisogna cambiare tutte cose! Oggi la chiamiamo massoneria domani la chiamiamo P4, P6, P9“.

Uno “sfogo” che fa il paio con quanto messo a verbale da alcuni collaboratori di giustizia siciliani. Una costola dell’ultima inchiesta anti ‘ndrangheta della procura di Reggio Calabria delinea infatti un quadro inquietante: mafiosi siciliani e criminali calabresi uniti in un’unica grande associazione criminale. Saldata dai compassi e dai grembiulini della massoneria. “Come ho già riferito in altri interrogatori i legami fra Cosa Nostra e ‘ndrangheta erano strettissimi. Non so in concreto per quanto tempo, né con quali risultati operativi, ma, sicuramente, si arrivò, anche, a progettare e, poi, a dare forma (parliamo del periodo immediatamente successivo alle stragi di Falcone e Borsellino) ad una super-struttura che comprendeva le due organizzazioni: la cosiddetta Cosa Nuova“,  mette a verbale il pentito messinese Gaetano Costa. “Si trattava – continua il collaboratore – di una sorta di organizzazione mafiosa di vertice che ricomprendeva sia gli elementi di spessore e di peso di Cosa Nostra che quelli della ‘ndrangheta. Ciò avrebbe consentito uno scambio di favori ancora più intenso e continuo fra siciliani e calabresi.  Cosa Nuova serviva anche ad inserire in modo più organico nel tessuto del crimine organizzato siciliano e calabrese, persone insospettabili, collegamenti con entità politiche, istituzionali e massoniche”.

Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di Gioacchino Pennino, ex esponente della Dc in Sicilia e collaboratore con la magistratura. “Confermo che mio zio – dice – Gioacchino Pennino, uomo d’onore della famiglia di Brancaccio, mi confidò di essere stato da latitante, negli anni 60, ospite dei Nuvoletta nel napoletano. Ciò non deve sorprendere in quanto Cosa nostra, ’ndrangheta e Sacra corona unita sono da sempre unite fra loro. Sarebbe meglio dire sono una Cosa sola. Da lì mio zio si recava in Calabria dove mi disse che aveva messo insieme massoni, ’ndrangheta, servizi segreti e politici per fare affari e gestire il potere. Una sorta di comitato d’affari perenne e stabile“.

Ma non sono solo due collaboratori storici a parlare di un legame strettissimo di Cosa nostra e ‘ndrangheta all’ombra dei compassi. Anche Gaspare Spatuzza, ex killer di Brancaccio, il pentito che ha riscritto la fase operativa della strage di via d’Amelio, racconta ai pm di un fil rouge tra siciliani e calabresi capace d’influenzare gli ambienti più alti del potere. “In particolare si trattava di aggiustare questo processo in Cassazione e Giuseppe Graviano mi spiegò che gli amici calabresi, in particolare il riferimento era alla cosca Molé-Piromalli si sarebbero mossi su richiesta di Mariano Agate. Mariano Agate esponente di vertice di Cosa Nostra è certamente da considerarsi, così come mi spiegarono i fratelli Graviano e così come ho compreso stando in Cosa nostra, l’anello di congiunzione fra Cosa nostra e la ‘ndrangheta“. Tutti racconti che spingono il gip Domenico Santoro a scrivere che “si profila con maggiore nettezza il collegamento fra ‘ndrangheta, nella sua componente riservata, e mafia siciliana, in una commistione  che dà notizia della cosiddetta Cosa Nuova, super struttura mafiosa che unisce Cosa Nostra e ‘ndrangheta e che doveva fungere da testa di ponte verso le istituzioni e la massoneria, che, specie in questa terra, già era in stretta correlazione con le organizzazioni mafiose”.

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