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Venerdì 11 dicembre e sabato 12 sono stata al convegno conclusivo del progetto internazionale Bleeding Love che si è svolto in Italia, all’Università di Brescia. E’ grazie agli avvocati e alle avvocate dell’italiana Rete Lenford, associazione impegnata per il rispetto dei diritti delle persone LGBTQI e coordinatrice di tutto il progetto, se la maratona dei conferenzieri arrivati sullo Stivale dagli otto paesi europei coinvolti nell’iniziativa ha prodotto un caso di studio unico nel suo genere: la violenza domestica e di appuntamento contro le donne (titolo del convegno), compresa quelle agita all’interno di coppie lesbiche.

Molto interessanti, in questo senso, i contributi delle avvocate Benedetta Ciampa e Ylenia Zeqireya, incentrati sulle interviste raccolte tra gli operatori sanitari e del diritto, nei centri anti-violenza, nelle associazioni LGBTQI, e tra le vittime stesse della violenza. Ne emerge uno spaccato inconsueto, se non altro per il fatto di essere un tema mai indagato dalla ricerca e dagli studi di settore: “Le donne lesbiche – spiega Zeqireya – assumono comportamenti violenti all’interno della coppia almeno quanto si riscontra nelle coppie eterosessuali. Si tratta soprattutto di violenza psicologica e morale, come ad esempio la minaccia di outing (denunciare l’omosessualità della partner), ma anche di violenza fisica”. Il problema però, spiega Ciampa, è che tali violenze non vengono denunciate: “La vittima ha difficoltà a riconoscere la violenza come tale perché ha introiettato lo stereotipo culturale per cui la violenza è solo quella perpetrata da un uomo verso una donna. Non solo. Denunciare significa anche fare coming out, quindi la difficoltà è doppia. Infine, si teme di mettere in cattiva luce l’intera comunità LGBTQI, cosa che in un contesto come quello italiano rischia di mettere in pericolo l’esito delle battaglie politiche per il riconoscimento dei diritti”.

Il problema è serio, quindi: “Siamo di fronte a cittadine due volte considerate di serie B – spiega Paola Biondi, psicologa Segretaria dell’Ordine degli Psicologi del Lazio e coordinatrice del progetto Eva contro Eva, sulla violenza nelle coppie lesbiche – sia perché donne sia perché lesbiche. Le forze dell’ordine, gli operatori sanitari e del diritto non danno una mano contro questa stigmatizzazione perché a loro volta non hanno la percezione del problema: bisognerebbe promuovere una campagna di sensibilizzazione e dei corsi specifici per informare correttamente riguardo alla specificità della violenza tra donne”.

Cosa accade, però, se tali violenze avvengono nelle famiglie omogenitoriali, ossia con bambini coinvolti? “A oggi non esistono ricerche – afferma Maria Federica Moscati, professore all’Università del Sussex – e mi pare azzardato, soprattutto in questo momento in Italia, ipotizzare delle interpretazioni senza avere dati”. Invece ci prova Federica Tempori, avvocato di Famiglie Arcobaleno, la più grande associazione italiana di famiglie same-sex: “Noi censiamo circa il 90% delle famiglie omogenitoriali italiane e non ci sono mai pervenute denunce di violenza. Credo che il motivo sia da ricercare nel fatto che la scelta di diventare genitori attraverso la procreazione assistita implica un percorso decisamente lungo che obbliga a una presa di coscienza molto profonda dei propri punti di forza e di debolezza, come donne singole e come coppia, e una consapevolezza tale da creare un ambiente solido, favorevole e equilibrato per l’accoglimento di un bambino, ambiente che difficilmente può frantumarsi o deflagrare in liti violente e atteggiamenti distruttivi”. D’accordo Arianna Petrilli, psicologa dell’Università di Firenze, che aggiunge: “Bisogna però stare attenti, perché spesso le associazioni fanno muro, ossia evitano di censire e prendere in carico situazioni che potrebbero minare l’immagine della comunità LGBTQI” (vedi qui intervista completa).

Dopo due giorni di studio, il mio commento è molto semplice: a quanto pare, la vita di una coppia LGBTQI o di una famiglia omogenitoriale non è poi così diversa da quella di altre formazioni affettive, nel bene come nel male. Bisogna concentrarsi sui veri problemi, che non sono se il nostro vicino o vicina ama una persona dello stesso sesso e se decide di chiedere aiuto alla tecnologia per creare una famiglia: i veri problemi sono le violenze sui minori, sulle donne, sui soggetti più deboli. Il vero problema è la mancanza di leggi che tutelino tutti i cittadini del mondo, e l’Italia è molto, troppo, indietro rispetto alla sua storia.

 

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