Cultura

André Glucksmann morto: dal maggio francese al maoismo, fino al sostegno a Sarkozy. La parabola del “nuovo filosofo”

Padre morto in guerra, madre combattente nella Resistenza, il filosofo partì da sinistra per sposare le idee neogolliste e interventiste, dal conflitto in Iraq all'intervento in Libia. Maoista, fustigatore dell'Unione sovietica, sostenitore dei diritti civili, poi anticomunista e sostenitore di Sarkozy, ha unito gesti plateali e teorie scomode

di Davide Turrini

Il “moralizzatore” André Glucksmann è morto la notte scorsa a Parigi. Il 78enne “nuovo filosofo”, ex maoista, fustigatore dell’Unione Sovietica, il primo a tracciare una linea retta tra totalitarismo nazista e comunista, finendo poi a battersi per diverse cause umanitarie e alla corte del presidente Nicholas Sarkozy, ha avuto un percorso intellettuale instancabile e controverso, fumantino e concitato, iniziato poco prima del maggio francese e arrivato a toccare ogni contesto geopolitico dei giorni nostri.

Glucksmann nacque in una famiglia di origine ebrea che nel 1933 si trasferì dalla Palestina sotto il dominio britannico in Francia, crescendo poi in un paesino alla porte di Parigi nel clima familiare dell’impegno politico nella terza internazionale comunista. Il padre morì in guerra, mentre la madre fu membro attivo della resistenza al nazismo. Riuscito ad arrivare agli studi universitari diventa presto l’allievo più vicino a Raymond Aron, raro esempio di intellettuale di centro-destra all’epoca, esperto di studi geopolitici, facendogli da assistente alla Sorbona proprio a ridosso del 1968. Glucksmann impatta sulla contestazione furiosa diventando maoista, ma rimane tale il tempo di qualche barricata. Nel 1975 scrive un pamphlet destinato a vendere decine di migliaia di copie, La Cuisinière et le Mangeur d’hommes, in cui sotto l’influsso storico e politico di Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženicyn (“è stata la caduta del Muro nelle nostre teste”, spiegò Glucksmann) comincia a fare a pezzi la grande madre URSS. Di lì il passo è breve. Assieme al sodale Bernard-Henri Lévy fonda quella che verrà riconosciuta in tutto il mondo come la corrente dei “nouveaux philosophes”: un gruppo di agguerriti e sacrileghi filosofi che scostano l’ultimo velo del pensiero politico novecentesco: le ideologie sono finite. La rottura con il marxismo è deflagrante nelle analisi storiche, tanto che ne Les Maîtres penseurs (1977) Glucksmann collega perfino il pensiero degli intellettuali tedeschi da Fichte a Marx, passando per il padre della psicanalisi Sigmund Freud, collocandoli alle origini teoriche di ogni totalitarismo, tracciando per la prima volta una linea diretta tra il nazismo e il comunismo. Anche se quella dei “nouveaux philosophes” è soprattutto una corrente che sa esporre le proprie idee con un baldanzoso e moderno dispiegamento di mezzi mediatici che dalle riviste cartacee arriva fino alla frequenti presenze televisive.

Glucksmann inoltre non si esime da gesti plateali in pubblico. Assieme a un redivivo Sartre e ad Aron chiede al presidente Giscard D’Estaing di intervenire nel 1978 a favore dei boat people vietnamiti, i rifugiati anticomunisti che fuggono dal regime con barche di fortuna. Il dado è tratto. Dai primi anni ottanta l’ex maoista è un prorompere continuo di indignazione morale che spesso si trasforma in dichiarazioni a favore dei diritti dell’uomo con il sostegno ad interventi di guerra (sostiene la Nato nel 1999 per bombardare la Serbia). Glucksmann critica il pacifisimo tout court e si trasforma in “atlantista” convinto. Difficile stargli dietro ad ogni conflitto che il globo terrestre ha offerto nel post ’89: nel 2003 appoggia gli Usa in Iraq, poi negli ultimi tempi ha voluto fortemente l’attacco alla Libia, l’intervento in Siria, ha attaccato per mesi Putin e si è speso per l’autonomia cecena.

L’avvicinamento a Nicholas Sarkozy sembra quasi un destino che si compie, una parabola che si chiude, nel complesso ed eterogeneo mondo intellettuale francese che fluttua da sinistra a destra, dal progressismo al conservatorismo. “La sinistra francese si crede moralmente infallibile e mentalmente intoccabile”, scrisse nel 2007 su Le Monde nel suo endorsement neogollista il filosofo anticomunista. “La sinistra è la mia famiglia d’origine, sono figlio di persone che hanno combattuto il nazismo. Votare però non è una religione, ma significa optare per il progetto più vicino alle proprie convinzioni”. Da qui il suo sostegno a Sarkozy: “La domanda è cambiata, l’offerta è rimasta la stessa. La società sta cambiando, i principi devono evolvere con essa”.

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