Il boss Bernardo Provenzano incontrava Marcello Dell’Utri a Como durante la sua latitanza? È la domanda che si pongono i pm della procura di Palermo che indagano sulla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. A sollecitare l’interrogativo sono alcune frasi pronunciate nel cortile del carcere milanese di Opera da Totò Riina, mentre discute con il boss della Sacra corona unita Alberto Lorusso. È il 5 settembre del 2013, e le microspie piazzate dagli uomini della Dia registrano già da settimane i discorsi tra il capo dei capi e il boss pugliese durante l’ora d’aria. A un certo punto, Riina si siede sulla panchina e continua a parlare. “lo a Binnu (cioè Bernardo Provenzano ndr) … forse … lo vedevo più sperto (intelligente ndr). Lo dovevo capire che forse … ma non era cosi sperto come pensavo io. Perché … se lui ci andava a Como, a truvari a chiddu (a trovare quello ndr) vuol dire che era il più imbecille che esisteva”, dice il boss corleonese. “Eh certo gli interessi…” risponde Lorusso. “Perché Binnu di che cosa gli parlava: ma io non c’ero, giusto? Era un amico, certo, ma tutto, tutto non gli dicevo, non pensate che gli dicevo tutto”, chiarisce Riina, che poi aggiunge: “Binnu era arrestato… sua moglie … per diventare … questo che cosa ti poteva dare a te? Questo niente ti poteva dare a te, sfruttava là dentro”. Lorusso incalza il padrino: “Più di quello che avevate ottenuto voi, che cosa poteva dare? Niente. Quello era un volpone, era un volpone quello là”. A questo punto, Riina fa il nome della persona che Provenzano sarebbe andato a trovare a Como. “Quello lì spogliava le persone mentre camminavano. Però io avevo sempre… che questo Binnu e questo Marcello (incomprensibile) è andato a trovarlo. Gli dicevo io: stai attento, sono cresciuti insieme”.

L’AUDIO DISTURBATO AGLI ATTI DEL PROCESSO TRATTATIVA. Chi è il Marcello che secondo il capo dei capi avrebbe ricevuto la visita di Provenzano a Como? Se lo chiedono i pm Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, che nelle scorse settimane hanno chiesto una nuova perizia al dottor Roberto Genovese sulle intercettazioni meno comprensibili di Riina e Lorusso. Il perito, citato come teste al processo trattativa, non è però riuscito a ricostruire integralmente l’audio, che è disturbato da forti rumori di fondo registrati sullo stesso canale delle voci dei boss (gli interlocutori dialogano infatti nel cortile del carcere all’aperto). Quel Marcello che – secondo Riina – avrebbe incontrato Binnu a Como, sembra dunque destinato a rimanere privo di cognome. Gli inquirenti, però, non hanno potuto fare a meno di considerare che proprio a Como ha posseduto per anni una residenza un altro degli imputati del processo sulla Trattativa, e cioè l’ex senatore Marcello Dell’Utri, già condannato in via definitiva per concorso esterno a Cosa nostra, detenuto dal giugno del 2014 nel carcere di Parma, dopo una latitanza lampo in Libano. È Dell’Utri quel “Marcello” che secondo Riina avrebbe ricevuto la visita di “Binnu” Provenzano a Como? Il fondatore di Forza Italia acquista una prima villa a Sala Comacina, sul lago di Como, già nel 1991, per poi rivenderla nel 1999. L’anno dopo l’ex senatore acquista un’altra casa, dalla parte opposta del lago, a Torno: è quella dove fece costruire una faraonica casetta sull’albero che gli provocò poi una condanna a 8 mesi in appello per abusivismo.

LA VILLA VENDUTA A BERLUSCONI PRIMA DELLA SENTENZA DI CASSAZIONE. La villa di Torno è la stessa che viene ceduta per 21 milioni di euro a Silvio Berlusconi l’8 marzo del 2012, proprio alla vigilia della prima sentenza della Cassazione, che avrebbe poi parzialmente annullato la condanna di Dell’Utri, ordinando un nuovo processo d’appello (poi conclusosi con la condanna definitiva a sette anni di carcere). A ventiquattro ore dalla sentenza che avrebbe potuto spedire Dell’Utri in carcere con due anni d’anticipo, l’ex premier fece un bonifico da 15 milioni di euro all’amico di una vita: di quei soldi, 11 milioni vennero subito girati in un conto che il fondatore di Forza Italia ha a Santo Domingo, dove possiede anche un’altra residenza. Quel bonifico era alla base di un’altra indagine della procura di Palermo (poi spostata a Milano per competenza), che ipotizzava un’estorsione di Dell’Utri ai danni di Berlusconi: la vendita della casa sarebbe servita, secondo i pm, per pagare il “silenzio” dell’ex senatore e finanziare la sua fuga all’estero prima della condanna definitiva. È invece nella villa ceduta nel 1999, quella a Sala Comacina, che – secondo il collaboratore di giustizia Salvatore Cucuzza – Dell’Utri incontrò Vittorio Mangano per due volte nel 1994. Secondo il pentito, reggente della famiglia di Porta Nuova, fu lo stesso stalliere di Arcore a raccontargli quei due incontri. E a uno di questi Dell’Utri sarebbe arrivato in elicottero. Quegli incontri, però, non fanno parte della sentenza definitiva che ha fatto aprire le porte del carcere all’ex presidente di Publitalia: per la suprema corte, infatti, il concorso esterno a Cosa nostra da parte di Dell’Utri si ferma al 1992, e cioè proprio alla vigilia della fondazione di Forza Italia.

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