Sono stanco ed amareggiato ma non per questo disposto a mollare di vivere in un Paese come l’Italia che permette di licenziare una persona solo per il cognome che porta. Mi riferisco a Maria Concetta Riina, nipote del boss Totò Riina, ormai assicurato alle patrie galere dalla Giustizia.
Sempre in questa stessa Italia un Ministro della Giustizia chiama come componente di uno dei tavoli degli stati generali della Giustizia, Adriano Sofri, l’assassino del commissario Calabrese, senza porsi il problema dell’opportunità di quella scelta.
Sono stanco ed amareggiato che questi due casi possano fornire nutrimento ai soliti personaggi salottieri o agli pseudo-intellettuali che affollano ormai, invariabilmente, tutti gli spazi di dibattito e/o di pettegolezzo.
L’uno e l’altro caso, in un Paese che si definisce civile, non dovrebbero nemmeno esistere. Il primo perché, se non vi è nessuna continuità tra il lavoro e la vita di Maria Concetta con il feroce boss della mafia, non capisco perché questo debba diventare “un caso”. Il secondo, perché avendo scontato la sua pena, Adriano Sofri, può far parte di tutti i tavoli possibili ed immaginabili.
Ma qualcuno potrebbe tirare in ballo la questione dell’opportunità…e allora ‘Ammazziamoli tutti’.
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