Da una parte un telefono pubblico, dall’altra l’utenza intestata a un sacerdote morto. E’ lungo il filo che collega questi due capi che l’imprenditore arrestato nell’inchiesta sugli appalti delle Grandi Opere, Stefano Perotti, e suo cognato Giorgio Mor, indagato, comunicavano tra di loro. Una delle tante ambiguità di rapporti o situazioni rilevate nel corso delle indagini e segnalate dal gip nell’ordinanza “al fine di delineare la personalità di Stefano Perotti”. Come il fatto che appunto Mor si facesse chiamare da lui da un telefono pubblico e su un’utenza “intestata al sacerdote Giacomo Vigo”, che verrà trovato morto in mare a Livorno.
Il gip spiega che la telefonata fra Perotti e Mor è del 20 febbraio 2014 e che il sacerdote scompare il 4 agosto 2014. Il suo cadavere sarà trovato il 5 agosto 2014. Dalle indagini emerse che il sacerdote, che guidava una parrocchia genovese, si era suicidato per una forte depressione. L’utenza del prete, scrive il gip, “risulta essere stata ricaricata a Genova, per 20 euro, il 29 dicembre 2014, e il 5 gennaio 2015 per 25 euro”. “Non si comprende il motivo per cui Perotti debba adottare cautele di questo genere – conclude il gip – Addirittura il congiunto gli chiede di telefonargli da un telefono pubblico e su un numero intestato a un sacerdote deceduto. Questo episodio dimostra la pericolosità delle relazioni intrattenute da Perotti e la scaltrezza e l’attitudine dei suoi interlocutori e congiunti nell’uso del mezzo telefonico”.
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