“Dobbiamo portare i soldi a quello… all’onorevole. Ci sta aspettando”. L’onorevole è Lello Di Gioia, deputato socialista eletto nelle fila del Pd e passato poi al Gruppo Misto, da settembre 2013 presidente della Commissione Parlamentare di Controllo sulle Attività degli Enti Gestori di Forme Obbligatorie di Previdenza e Assistenza Sociale e componente della Commissione Bilancio Tesoro e Programmazione. A fare il suo nome, nel tragitto in auto che li conduce alla sua abitazione, sono secondo gli investigatori Olinto Bonalumi e Federico De Matteis, rispettivamente capo e componente della banda che nel 2012 aveva messo a segno un colpo da 15 milioni di euro nella filiale del Banco di Napoli di Foggia.

Di Gioia, secondo l’informativa della Polizia svelata da Repubblica, sarebbe il ponte di collegamento tra la banda e una delle vittime del furto. Il sospetto è sorto a pochi giorni dal colpaccio, quando una volante della Polizia ha fermato sulla strada per Foggia Di Gioia in compagnia di Bonalumi. Sospetto avvalorato la settimana successiva da quanto rilevato dalle cimici sistemate nelle auto dei malavitosi.

È il 4 maggio 2012 quando gli agenti – sempre secondo l’informativa – intercettano una conversazione tra Bonalumi e De Matteis. “Ci sta aspettando” si dicono mentre procedono lungo la strada che li porterà a casa del deputato. Il capo della banda, da tutti conosciuto come Arsenio Lupin, entra nel palazzo del politico. Ci rimane per 30 minuti. Si rimette in auto, i due si allontanano per tornare dopo poco. Il tempo necessario – secondo quanto ricostruito dagli agenti – per andare al loro covo, prendere la refurtiva, tornare da Di Gioia e consegnargliela. A scambio finito, vanno via ripromettendosi che “quello lì bisogna assolutamente lasciarlo perdere”.

Nell’informativa – riporta il quotidiano – gli agenti scrivono di aver udito “il crepitio di un sacchetto” e contestualmente De Matteis “mandare baci con toni euforici”. “Con questi dobbiamo fare metà a testa – dice il capo della banda – mi hanno tenuto tre ore per spiegarmi come le fanno. Vedi questa è di cinghiale. Questo è cotechino e lo devi mettere sul sugo”. Il riferimento è al maiale che il deputato avrebbe offerto loro in cambio della parte di refurtiva restituita.

Tutti elementi che hanno portato la Polizia a descrivere Lello Di Gioia come l’intermediario tra le vittime dell’assalto e la banda.
Il politico non è indagato, al tempo dei fatti non ricopriva ruoli pubblici quindi non era tenuto a sporgere denuncia. Fatto sta che la sua posizione, se dovesse essere confermata, non è affatto semplice. Il colpo, come detto, risale al 2012 ma gli sviluppi si sono avuti ieri, quando con l’operazione “Goldfinger” la Polizia, coordinata dalla Procura di Foggia, ha sgominato due organizzazioni criminali, arrestando 14 persone e notificando due obblighi di dimora. Una delle due bande è proprio quella che, con un colpo da maestri, era riuscita ad assaltare il caveau della filiale foggiana del Banco di Napoli. Il bottino fu da capogiro: 15 milioni di euro sottratti da 141 cassette di sicurezza violate.

Un lavoro che, al tempo, fu descritto come perfetto. I malviventi non lasciarono alcuna traccia del loro passaggio. Né segni di effrazione, né fotogrammi ripresi dalle videocamere di sorveglianza giacché portarono via anche l’hard disk sul quale erano state registrate le prove della loro presenza. Ad oltre cento persone furono sottratti danaro e gioielli di famiglia. Una di queste, per recuperare parte dei suoi averi, si rivolse al politico più influente della zona: Lello Di Gioia.

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