La ricerca indipendente in Italia è allo sbaraglio. Un’eccellenza in Europa che stiamo perdendo perché lo Stato non ha mai investito un soldo. Una risorsa importantissima per il diritto alla salute, finalizzata alla prevenzione delle malattie e al confronto delle diverse terapie farmacologiche per scoprire quelle che danno meno effetti collaterali. Emarginata anche da Big Pharma, perché in questo caso gli studi clinici non sono mirati alla registrazione di nuove molecole. Nel 2009 il numero complessivo delle sperimentazioni autorizzate dall’Aifa era di 761. Nel 2013, di 583. In quei cinque anni quelle no profit si sono ridotte a 139, da 318. A lanciare l’allarme è il Gruppo oncologico italiano di ricerca clinica (Goirc), nato nel 1980 e formato dalle oncologie di trenta ospedali, la cooperativa di studi indipendenti più antica d’Italia. “La nostra ricerca rischia di scomparire – denuncia Rodolfo Passalacqua, presidente Goirc e direttore del reparto di oncologia dell’ospedale di Cremona -. Servono misure urgenti e finanziamenti pubblici. Fino al 2009 potevamo contare sui bandi dell’Aifa, adesso non ci sono più neanche quelli”.  Nel 2005 l’Aifa ha istituito un fondo alimentato con il cinque per cento delle spese promozionali versato dalle aziende farmaceutiche per le sperimentazioni cliniche comparative tra medicinali, farmaci orfani e malattie rare. Ma nel 2010 la Commissione Ricerca e sviluppo che aveva il compito di selezionare i progetti di ricerca non viene più rinominata e si blocca tutto. L’Aifa, interpellata dal Fatto, assicura che comunque “il fondo non è stato soppresso”, che prima di indire altri bandi deve costituire “una nuova commissione di esperti internazionali”, e che si sta dando da fare insieme al ministero della Salute per risolvere l’impasse. Intanto però i ricercatori rimangono a bocca asciutta.

“In altri stati europei, come Germania e Olanda – sottolinea Passalacqua – i gruppi cooperativi sono sostenuti direttamente dal servizio sanitario nazionale. Anche negli Stati Uniti, con il tre per cento del budget del National institute of health. Perché da noi no?”. Le difficoltà economiche non sono l’unico ostacolo. I ricercatori ogni volta sbattono contro il muro della burocrazia, che provoca ritardi nella conclusione dei lavori e spinge i cervelli alla fuga. “Ogni progetto deve essere innanzitutto approvato dal comitato etico, che è diverso in ogni ospedale, con modalità e tempi propri. In media servono da uno a tre mesi – spiega il medico -. Poi tocca alla direzione generale dell’ospedale dare l’ok. Passano all’incirca altri due mesi. Considerando che le richieste non vengono presentate nello stesso giorno, i tempi si allungano ancora e si aspetta anche un anno prima di partire. Che senso ha avere tanti comitati etici? Una ricerca etica a Milano perché non può essere etica anche a Genova? In America al contrario esiste un comitato etico unico per tutti gli ospedali”. Aggiunge Francesco Di Costanzo, del direttivo Goirc e primario di Oncologia a Firenze,: “Negli Usa c’è stata una riduzione e un accorpamento dei gruppi cooperativi per formare un National clinical trial network, dotato anche di una piattaforma comune per la scoperta e la validazione di biomarcatori. In Italia non si è realizzato ancora nulla. Se non si interviene subito sarà la nostra fine”.

Da noi i gruppi di ricerca indipendente sono una decina. Ma solo la metà riesce ancora a portare a termine gli studi che inzia, secondo l’ultima ‘indagine Goirc. “Per finanziare i lavori di tutti i gruppi servirebbero tre/quattro milioni di euro l’anno. Noi ce la caviamo grazie al 5 per mille e donazioni private. A volte le industrie farmaceutiche ci affidano delle ricerche. Lo fanno se si fidano del team e se l’ospedale è efficiente con le scadenze. Di solito coinvolgono strutture del Nord e del Centro. In questa maniera si creano dei favoritismi perché la maggior parte degli ospedali viene tagliata fuori e solo alcuni possono avere in anteprima le nuove molecole, quelle usate nelle sperimentazioni”. Ma avanti di questo passo la mission dei gruppi cooperativi non sarà più la stessa.

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