Benetton cede alle pressioni e decide di risarcire le vittime del Rana Plaza. Il 24 aprile sarà il secondo anniversario del crollo della fabbrica tessile in Bangladesh, dove morirono 1.134 persone: gli operai rimasti uccisi producevano capi d’abbigliamento per una serie di aziende occidentali, tra le quali rientra proprio il brand italiano. Finora da Treviso non era ancora stato effettuato alcun versamento nel fondo istituito per venire incontro alle famiglie di quanti hanno perso la vita o riportato gravi disabilità in seguito all’incidente. Ora, rimane da capire l’entità del contributo: le associazioni in campo chiedono un versamento che va dai 5 ai 9 milioni di dollari. “Una terza parte indipendente e globalmente riconosciuta – si legge in un comunicato dell’azienda – sta lavorando per definire i principi per un risarcimento equo e proporzionale da parte di Benetton Group, dal momento che per il Rana Plaza Trust Fund non è stato possibile stabilire i principi di suddivisione della compensation tra i marchi. La portata dell’ulteriore impegno sarà resa ufficiale non appena questo processo da parte del terzo soggetto indipendente sarà concluso, nelle prossime settimane e comunque non oltre il 24 aprile 2015”.
Quando si cita il Rana Plaza donors trust fund, si parla di un fondo per risarcire le vittime della strage, creato nel gennaio 2014 dall’Organizzazione internazionale del lavoro, agenzia delle Nazioni Unite. I versamenti possono essere effettuati da chiunque e sono su base volontaria. Dunque Benetton non è obbligata a contribuire. Allo stesso tempo, però, finora diversi grandi marchi dell’abbigliamento, come H&M, Primark, Mango, Walmart, Auchan hanno deciso di partecipare con una quota. Ad oggi, mancano ancora 9 milioni di dollari rispetto a un totale di 40 milioni stimati come necessari per soddisfare le richieste di risarcimento.
Ora resta da capire quanto Benetton sia disposta a sborsare. Le associazioni che finora si sono battute per questo obiettivo dicono di “accogliere con prudenza” la decisione di Treviso. “Onestamente, credo che il giusto contributo per Benetton dovrebbe essere di 9 milioni di dollari”, ha detto all’agenzia Reuters Daniel Boese, portavoce della ong Avaaz. La campagna “Abiti puliti”, invece, ha sempre portato avanti la richiesta di un versamento di almeno 5 milioni di dollari. Gli attivisti dell’iniziativa, inoltre, contestano il metodo scelto dall’azienda per stabilire il contributo. “Non c’è nulla di indipendente in una terza parte incaricata e pagata da Benetton stessa – spiega Ilona Kelly, tra i promotori della campagna – I fatti sono chiari: mancano 9 milioni di dollari al totale previsto del fondo. Cinque di questi devono essere versati da Benetton”. Per portare avanti questa richiesta gli attivisti hanno organizzato un flash mob per sabato 28 febbraio alle 15 in piazza Duomo a Milano, durante la Milano fashion week.