Sulle firme false pro-Chiamparino il Tar vuole andare a fondo. I giudici amministrativi, presieduti da Lanfranco Balucani, hanno imposto che tutti i consiglieri eletti entrino nel procedimento e che l’Ufficio elettorale della Corte d’appello consegni i documenti originali “già richiesti e non ancora consegnati”. Poi il 15 febbraio prossimo ci sarà una nuova udienza: “Esprimo massimo rispetto per la decisione del Tar, volta ad acquisire tutti gli elementi utili a perfezionare l’iter del procedimento”, ha commentato il governatore del Piemonte. Intanto nuove irregolarità vengono scoperchiate dagli ex consiglieri dei “Pensionati per Cota” Michele Giovine e Sara Franchino, che si fanno leva sulla sentenza che decretò l’annullamento della loro lista e dell’elezione di Roberto Cota.

Nasce tutto dal ricorso presentato il 10 luglio scorso dall’ex consigliera provinciale leghista Patrizia Borgarello, un ricorso con cui ha chiesto di annullare la proclamazione degli eletti della lista “Chiamparino Presidente” e delle liste provinciali di Torino e di Cuneo del Partito democratico e di “Chiamparino per il Piemonte”. Dai documenti da lei ottenuti ha riscontrato moltissime irregolarità, riepilogate in dieci pagine: in certi moduli le firme erano sembravano false perché fatte tutte dalla stessa mano, altri moduli invece avevano gli stessi sottoscrittori della lista alleata, ma magari erano stati raccolti in un comune diverso e nella stessa giornata.

Alla Borgarello si è aggiunto il ricorso incidentale di due cittadini assistiti dall’avvocato Sara Franchino, ex consigliere regionale dei “Pensionati per Cota”, subentrata a Michele Giovine dopo la sua espulsione dal Consiglio regionale dovuta alla condanna per le firme false. La sua arma è quella usata per abbattere l’ex governatore della Lega Nord Roberto Cota, la sentenza del Tar del Piemonte del 31 gennaio 2014, emessa proprio dalla sezione presieduta da Balucani. Franchino ha scovato altri documenti ritenuti irregolari. Sono alcuni moduli raccolti ad Asti, Alessandria e a Torino, sempre a sostegno dei candidati del Pd e della lista “Chiamparino Presidente”: ad esempio, due degli elenchi torinesi sono stati sottoscritti dagli stessi sostenitori in due giornate diverse, il 18 e il 22 aprile scorso. Un fatto strano, sottolinea nel ricorso l’avvocato, ma “ancora più curioso è che questi firmatari giunti dalle ridenti vallate del Canavese nel ritornare ad apporre la propria firma per Sergio Chiamparino abbiano anche rispettato quasi integralmente lo stesso ordine di firma; non solo dunque tornano in due diversi giorni a Torino, ma hanno anche la pregevole eleganza di apporre le proprie firme nello stesso ordine”. A questi dubbi si aggiungono quelli generati dalle grafie: i moduli coi dati identificativi sembrano scritti tutti “dalla medesima mano“. Ed ecco il capovolgimento: cita la sentenza di gennaio sull'”effetto perturbatore che ne discende sull’espressione della volontà degli elettori” per poi dire che se le irregolarità fossero accertate ricadrebbero su tutti i voti a sostegno di Chiamparino: “Tale fenomeno perturbativo si ripercuoterebbe infatti direttamente su 1.057.031 voti espressi, pari al 47,09 per cento“.

Per molti avvocati la partita è ancora tutta aperta: “I giudici hanno lasciato tutte le porte aperte – spiega il professor Vittorio Barosio, che assiste il governatore e 21 consiglieri del Pd – non hanno ancora respinto le nostre eccezioni di tardività dei ricorsi (sarebbero stati fatti troppo tardi, quindi non sarebbero validi, ndr) e si sono lasciati aperti la possibilità di decidere in futuro”.

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