Tensione in più atti durante il processo a Palermo sulla trattativa Stato-mafia tra il teste Ciriaco De Mita (ex premier Dc) e il pm Nino Di Matteo. La contesa verbale si innesca quando all’ex presidente della Dc vengono chiesti dettagli sulla formazione del governo Amato, nato dopo la strage di Capaci, e sulla figura del ministro degli Interni uscente, Vincenzo Scotti. “Con lui i rapporti erano di conoscenza” – dichiara nella sua testimonianza il politico – “anche perché quando l’onorevole Ingroia, da cui sono stato sentito…”. Inevitabile l’interruzione di Di Matteo (a più riprese appellato dal sindaco di Nusco come “dottor De Matteo”), che precisa: “Dottor Ingroia”. L’ex premier democristiano ribatte: “Chiedo scusa… … ma lui aspirava ad essere onorevole”. “E vabbè, ma… non credo che possa chiamarlo “onorevole Ingroia”, replica il pm. “E’ vero, è un’inesattezza” – replica il teste – “ma credo che sia evidente la mia mancanza di memoria. Alla mia età c’è qualche pausa”. “Non credo”, commenta Di Matteo. Più febbrile il botta e risposta tra i due quando viene affrontato l’argomento sull’avvicendamento alla guida del Viminale tra Vincenzo Scotti e Nicola Mancino, a fine giugno 1992. Secondo l’ex segretario della Dc, che ha negato l’esistenza di una trattativa tra Stato e mafia, nella sostituzione di Scotti non vi era alcuna intenzione di frenare la sua azione antimafia. Di Matteo, però, menziona l’audizione che l’ex ministro degli Interni fece davanti alla commissione Affari Costituzionali e alla commissione parlamentare Antimafia. In quell’occasione Scotti denunciò la possibilità di attentati della criminalità organizzata, volti anche a destabilizzare l’ordine democratico del Paese.  De Mita smentisce questa ricostruzione, commentando: “Adesso con molto rispetto nei suoi confronti, lei sta costruendo questa ipotesi di racconto ex post“. Immediato l’intervento del presidente della Corte d’Assise del tribunale di Palermo, Alfredo Montalto: “Lei deve rispondere alle domande, queste valutazioni le lasciamo fuori”. Di Matteo rilancia lo stesso quesito a De Mita, che risponde: “Io non posso che accettare la sua opinione”. “La mia non è un’opinione, ma una sollecitazione a un ulteriore sforzo di memoria”, afferma il pm. La discussione  prosegue senza sosta per alcuni minuti. Il presidente ammonisce anche Di Matteo, invitandolo ad accantonare valutazioni di sorta e a limitarsi alle domande. “Eh! E’ così” – commenta De Mita, cogliendo la palla al balzo, ma ignorando l’esortazione di Montalto – “E poi se io poi debbo dire la mia opinione, a Scotti interessava la conservazione dell’immunità“. “No, le opinioni non ci interessano, ci interessano i fatti”, puntualizza il pm. “Visto che me la chiede, io ho il diritto e il dovere…”, insiste l’ex segretario della Dc. “Nessuno le ha chiesto finora opinioni”, ribadisce Di Matteo. De Mita allora sbotta e urla: “Ma i fatti non esistono se non sono interpretati e i fatti possono essere interpretati in maniera diversa. La conoscenza del fatto oggettivo..”. Il pm ribatte: “Non alzi la voce, non si permetta di alzare la voce“. “Non alzo la voce, è che io sento poco, ho il difetto di un sordo“, risponde con tono beffardo De Mita di Gianfo Franchi e Gisella Ruccia

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