geronimo ignazio la russa rulloCambia anche la geografia sociale e politica della movida. A Milano, in verità, si potrebbe costruire addirittura un “mafia tour”, con tutti i locali, discoteche, bar, birrerie lambiti dalla presenza della ‘ndrangheta, secondo quanto raccontato da tante inchieste giudiziarie. Poi ci sono però anche spostamenti minori, giri di vento, cambi di proprietà, che segnalano mutamenti delle mode e dei poteri.

Prendiamo per esempio un locale nella zona di Porta Venezia, in via Castel Morrone. Ieri si chiamava Enoteca Gibson, ed era controllato da Ignazio La Russa, con suo figlio Geronimo spesso dietro il bancone. Oggi è diventato Baladin Bibendum, birroenoteca di Teo Musso, alleato di quell’Oscar Farinetti (l’inventore di Eataly) che è il più sfegatato supporter di Matteo Renzi.

Milano cambia, il berlusconismo declina, anche la notte vuole la sua parte. E così Baladin è arrivata anche all’ombra della Madonnina. Mitico, il suo locale numero uno, a Piozzo, paesino in provincia di Cuneo. Sembra un circo dove si mangia, si ascolta musica, si chiacchiera e soprattutto si beve: la birra prodotta con il marchio Baladin nel vicino birrificio. Il ragazzaccio Teo Musso negli anni ha fatto fortuna e ha aperto locali a Torino, Bologna, Roma, Milano, New York. A Milano il birrificio è in via Solferino, non distante da il Corriere della Sera. Poi, in società con Vincenzo Corlito e Dario Amoretti, che hanno inventato Bibendum, nel locale preso in affitto da La Russa all’angolo tra via Castel Morrone e via Ristori, ha aperto la prima birreria Baladin che lascia spazio adeguato anche ai vini. Finisce così, in vapori renziani, la storia di un locale “nero” a cui sono dedicate molte pagine di atti giudiziari. All’inizio era quasi un covo di fascisti, il Gibson, di ‘Gnazio La Russa in società con Massimo Corsaro, uomo che come La Russa viene dall’Msi e poi passa in Alleanza nazionale, diventando prima assessore alla Regione Lombardia e infine deputato del Pdl. Nei primi anni 2000, dice in un’aula processuale il pm antimafia Celestina Gravina, “il Gibson diventa il bar di elezione dell’avvocato, ma già onorevole, Ignazio La Russa, che lo frequentava con il suo entourage. Diventa un po’ il luogo di ritrovo di An e quindi ci sono feste e bella gente”. Perché si parlava del Gibson in un’aula di giustizia? Perché La Russa e Corsaro erano soci, almeno fino al 2010, di un imprenditore imputato per estorsione e condannato in primo grado in un processo con odore di mafia.

Le quote del Gibson Bar e dell’Enoteca Gibson, che si affacciavano ai due angoli di via Ristori con via Castel Morrone, ‘Gnazio e Corsaro le avevano comprate da Sergio Conti, ex titolare di garage, che nel 2010 è stato condannato in primo grado nel processo Metallica a 6 anni di carcere per estorsione, aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso. Per convincere alcuni personaggi a a saldare i loro debiti, Conti si era infatti rivolto agli specialisti: il boss Pepè Onorato e i suoi uomini. Per il recupero crediti era entrato in azione Emilio Capone, un salernitano che tiene molto all’eleganza, insieme ai luogotenenti di Onorato, Antonio Ausilio e Jimmy Pangallo. L’accordo era che la cifra recuperata, come si fa in questi casi, fosse divisa a metà: 50 per cento al creditore, Conti, 50 al gruppo di Pepè.

L’operazione però non va in porto: arrivano gli uomini della Direzione investigativa antimafia guidati dal maggiore Armando Tadini che arrestano Pepè Onorato e tutta la sua banda. Segue il processo. Per un po’ La Russa e Corsaro restano soci del condannato, poi passano la mano. Oggi il Gibson non c’è più, è arrivato Baladin. Che storie incredibili, però, potrebbero raccontare quei muri.

Twitter: @ gbarbacetto

il Fatto Quotidiano, 12 Giugno 2014

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