In queste ore vicine al ricordo del giudice Giovanni Falcone, mentre infuria poco dignitosamente una battaglia a suon di vedute del tutto personali sul processo di Palermo per la trattativa Stato-mafia degli anni 90, che ha portato alla morte dei nostri figli, siamo vicini ai magistrati di Palermo impegnati nel dibattimento, nello specifico al magistrato Nino Di Matteo.

Mai avremmo potuto immaginare che per una più che squallida campagna elettorale durante la quale si preparano seggi al Parlamento europeo, si potesse arrivare a tanto.

La trattativa fra uomini dello Stato e uomini  di “Cosa nostra” per cercare di fermare le stragi dopo l’uccisione dei giudici Falcone e Borsellino, è stata una cosa di una gravità inaudita, un errore senza pari e ben venga un processo chiarificatore indispensabile per capire le responsabilità penali oltre che morali di uomini delle istituzioni.

Chiunque cerchi di mitigare le responsabilità del Governo di allora, per cercare oggi di attribuire la responsabilità quantomeno morale di aver lasciato uccidere degli innocenti al posto di ben cinque ministri del momento, compie un’azione scellerata, emette sentenze, opportunisticamente giornalistiche, prima che il processo di Palermo si compia e questo è gravissimo.

Si può dire e fare di tutto, ma non imbastire una campagna elettorale, inveendo contro i magistrati di Palermo che almeno provano a dare giustizia a vittime innocenti e agli italiani tutti. Chi vuole essere eletto in Europa o vuole sostenere il proprio candidato europeo è liberissimo di presentarsi alle urne quando e come crede, ma nessuno ha titolo, per mere candidature elettorali, di giustificare morti di innocenti, dicendo che la trattativa di fine 1992 “è stata santa”, perché nulla è più vigliacco e vergognoso di una simile affermazione.

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