La Nonesuch, raffinata etichetta di Jac Holzman, compie cinquant’anni e tra le interessanti iniziative al Barbican Centre di Londra – con eventi che vedranno sul palco Jonny Greenwood, Kronos Quartet, Brad Mehldau e molti altri – ci sono state due date della cantautrice statunitense Natalie Merchant che è tornata ad esibirsi dal vivo dopo lunghi anni di silenzio. L’occasione è l’uscita del suo sesto lavoro in studio, primo album di inediti a tredici anni di distanza da “The House Carpenter’s Daughter”. Prima di intraprendere la carriera da solista, la Merchant inizia la sua avventura entrando come cantante nei 10.000 Maniacs, band attiva ancora oggi e che nel corso degli anni ha collezionato dischi di platino grazie agli album “In My Tribe”, “Blind’s Man Zoo” e “Our Time in Eden”, oltre al famoso “MTV Unplugged” che con la cover di “Because the Night” sancisce la fine del sodalizio tra la Merchant e i 10.000 Maniacs.

Visto il disco appena uscito, ci si aspettava un concerto incentrato sui brani dell’ultimo lavoro, mentre invece Natalie Merchant sorprende con un inizio che vede protagonista quello che forse è il suo lavoro migliore, “Leave Your Sleep”, una raccolta di poesie messe in musica dalla Merchant in maniera assolutamente originale, dove ogni brano ha un arrangiamento peculiare grazie anche al grande numero di musicisti chiamati a partecipare (dai Kletzmatics a Wynton Marsalis, dai Lúnasa ad un ensemble di musicisti cinesi). Come è facile immaginare, sul palco non si è ritrovata tutta questa vasta gamma timbrica, ma il quartetto di archi chiamato per l’occasione, il fedele chitarrista Gabriel Gordon e gli altri musicisti della Merchant, ha svolto in maniera egregia il compito, aiutato anche dalla scelta dei brani.

Dall’ultimo omonimo disco sono state suonate solamente “Givin Up Everything”, “Lulu” e “Ladybird”, tagliando fuori brani di raffinata bellezza che avrebbero meritato un posto in scaletta (“Go Down Moses”, “Black Sheep” e “Maggie Said”). La voce della Merchant è una delle più belle nel panorama musicale e dal vivo sembra assumere ancora più spessore, con l’artista che plasma i versi scivolando dal cantato a un lento e sussurrato parlato. Un brano come “The Gulf of Araby” (cantato con l’autrice Katell Keineg) sarebbe stata un’assoluta immersione in stati dell’animo spesso lasciati in ombra, se non fosse che il poco simpatico vizio della Merchant di dimenticarsi le parole – e ammetterlo durante l’esecuzione del brano – rompe ripetutamente ogni tentativo di immedesimazione. Il pubblico sorride, ma non si sa fino a che punto approvi tale atteggiamento. La scelta dei brani per il concerto è stata estremamente particolare, due ore sicuramente intense ma nelle quali non hanno preso parte brani che sono vere e proprie punte di diamante della produzione solista della Merchant: “Motherland”, “My Skyn” e “Ophelia”.

Milioni di dischi venduti con i 10.000 Maniacs e la scelta di intraprendere una carriera solista che in questi anni le ha regalato più di una soddisfazione; l’impegno su molti fronti, come il progetto “Give US Your Poor“, la carriera della Merchant è stata caratterizzata dalla volontà di non scendere mai a compromessi. E questo suo ultimo lavoro ne è un’ulteriore conferma.

Articolo Precedente

Black Keys, esce il nuovo album “Turn Blue”. Un “blues vestito a festa”

next
Articolo Successivo

Salone del Libro 2014, chiusura con polemica (sul lato B)

next