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Arrestato Carmine Schiavone: il figlio di Sandokan indagato per estorsione

L'uomo, 31 anni, è finito in manette insieme a Pasquale Mauriello e Carmine Iaiunese. Per loro il pizzo, spiegano gli inquirenti, era diventato uno strumento di "controllo sociale". Ogni mese il clan ha bisogno di almeno 150mila euro per "stipendiare" le famiglie dei detenuti in regime di carcere duro
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Carmine Schiavone, 31enne figlio del boss Francesco detto Sandokan, è stato arrestato nella notte con l’accusa di estorsione insieme a Pasquale Mauriello, 47 anni, e Carmine Iaiunese, 46 anni. Quest’ultimo è indagato per ricettazione ed entrambi i delitti sono aggravati dal metodo mafioso e dal fine di agevolare l’organizzazione malavitosa. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia napoletana.

Nel contesto delle indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta nei confronti del clan Schiavone, che avevano già consentito l’arresto di alcuni affiliati per episodi analoghi, è emersa l’attuazione, su mandato di Carmine Schiavone, di un’attività estorsiva, posta in essere tra ottobre e novembre 2012 a danno dei titolari di una farmacia di San Cipriano d’Aversa (Caserta). Le indagini hanno trovato la conferma anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La ricostruzione degli investigatori ha dato conferma del ruolo apicale di Carmine Schiavone e della sua determinazione ad attuare una strategia criminale improntata su diffuse, sistematiche e continue attività estorsive sul territorio. Alla vittima era stato intimato il pagamento di una somma di 5mila euro, poi ridotta a 2.500.

Le estorsioni, oltre ad essere fonte di finanziamento per il clan (si stima che, ogni mese, deve accaparrarsi 150 mila euro solo per “stipendiare” le famiglie dei detenuti in regime di carcere duro), erano anche diventate, è la tesi degli inquirenti, strumento di “controllo sociale”. A chiedere materialmente il pizzo ai titolari della farmacia fu proprio Mauriello. Il denaro, una volta ritirato dalle mani della vittima, fu consegnato a Iaiunese che, all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di cassiere di quella fazione del clan.

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