Avvocato e deputato prima del Pdl, poi di Forza Italia e ora del Nuovo Centro Destra, è diventato vice ministro alla Giustizia del governo Renzi. Enrico Costa, 44 anni da Cuneo, è alla sua terza legislatura. Fino a poco tempo fa qualcuno lo definiva un mini-Ghedini perché, da capogruppo in Commissione Giustizia alla Camera, è stato in prima fila per perorare le battaglie di Silvio Berlusconi per riformare la giustizia: processo breve, depotenziamento delle intercettazioni, inasprimento delle sanzioni per i giornalisti per il reato di diffamazionela cosiddetta legge bavaglio. Ha proposto la rivisitazione al ribasso dei termini di prescrizione della ex Cirielli, è stato promotore di almeno una proposta per la responsabilità civile di magistrati.

Ma soprattutto Costa (al centro nella foto tra Schifano e Alfano) è stato relatore del Lodo Alfano lo scudo per le più alte cariche dello Stato, utilizzato dal solo Berlusconi, poi bocciato dalla Consulta. Suo anche il disegno di legge sul legittimo impedimento – che ha permesso all’ex premier di chiedere e in alcuni casi ottenere rinvii delle udienze dei processi in cui era imputato a Milano. Il 9 dicembre del 2009 presentò insieme al leghista Matteo Brigandì quel disegno di legge definendolo una ”priorità per la maggioranza”.

Nel settembre 2011 fu tra i deputati più attivi a chiedere al ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma l’invio degli in Procura di Napoli che indagava sul presunto ricatto al Cavaliere da parte di Giampaolo Tarantini, l’imprenditore barese che, secondo gli inquirenti di Bari, offriva prostitute al presidente del Consiglio portandogliele direttamente a Palazzo Grazioli.

Il 5 ottobre 2011 l’avvocato-deputato prese il posto di Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, che si dimise per protesta contro la decisione della maggioranza di approvare l’emendamento messo a punto dallo stesso Costa con l’obiettivo di rendere impubblicabili le intercettazioni fino all’udienza filtro. Un bavaglio alla libertà di stampa che la stessa Bongiorno definì “un obbrobio”. Costa non ha mai risparmiato neanche critiche ai magistrati di Milano. In particolare ai titolari dell’inchiesta Ruby criticando, tra le altre cose, la presenza del procuratore Edmondo Bruti Liberati in aula al processo per concussione e prostituzione minorile. Critiche le sue posizioni sempre riguardo a quel contro l’Anm.

Meno berlusconiano è il profilo di Cosimo Ferri, magistrato, già sottosegretario alla Giustizia con il governo di Enrico Letta. Componente della commissione vertenze economiche della Figc fu intercettato da alcune procure – insieme ad altri magistrati – nel 2006 durante la bufera giudiziaria di Calciopoli. Non è mai stato indagato (si dimise da commissario) e forse per questo ottenne 553 preferenze che lo portarono al Csm. In un’informativa gli investigatori dell’Arma riportano che attraverso Ferri l’allora vicepresidente della Fgci Mazzini “cerca un adeguato e riservato contatto con il Lotito soprattutto per la questione di maggiore interesse ovvero quella del favore arbitrale”. 

Quattro anni fa l’ex toga è ricomparso in alcune intercettazioni telefoniche delle inchieste sulla P3 e sull’affaire Agcom-Annozero: la trasmissione di Michele Santoro finì sotto inchiesta per un esposto dei coordinatori del Pdl. Silvio Berlusconi voleva assolutamente fermare il programma che aveva come argomento il processo Mills, quello per cui è riuscito a incassare l’ennesima prescrizione. L’allora presidente del Consiglio chiama al telefono il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi. Che, forse per placare il premier forse millantando, riferisce di “aver già fatto una riunione” con Alessio Gorla, nel cda Rai ed ex manager Fininvest, Paolo Romani, vice-ministro alle Comunicazioni e Ferri. Evento sempre negato da quest’ultimo. 

Critico nei confronti delle candidature di Antonio Ingroia e Piero Grasso alle elezioni ha poi accettato di diventare da tecnico sottosegretario con il governo Letta. “È giusto ed importante che le forze politiche si confrontino senza pregiudizi perché devono guardare solo all’interesse degli italiani, che chiedono risposte concrete – aveva detto al termine dell’incontro tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi pregiudicato e decaduto dalla carica di senatore -. Con la riforma elettorale, condivisa da tutti non ci saranno più tabù e finalmente si aprirà una stagione di grandi riforme e si potrà parlare anche di una seria riforma della giustizia nell’interesse dei cittadini”.

Come sarà questa riforma viste le premesse sarà da vedere.

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