Riuscirà il Parlamento italiano a consegnare alla storia la famigerata Fini-Giovanardi? Se lo sono chiesto ieri mattina Forum Droghe e l’associazione Società della Ragione, associazioni impegnate nella promozione di politiche alternative sulle droghe, riunite per un seminario a Roma, organizzato e coordinato da Franco Corleone, Stefano Anastasia e dall’avvocato Luigi Saraceni. Una maratona oratoria di avvocati, ha occupato gran parte della mattinata passando in rassegna diverse storie “giuridiche dell’orrore” causate dalla legge del 2006. Tra queste  una condanna a 5 mesi di reclusione per la detenzione di 4,5 grammi di marijuana (La Corte Costituzionale si pronuncerà il 12 febbraio sulla legittimità della l. 49/’06.)

La parola è passata quindi alla politica: sono intervenuti Ivan Scalfarotto e Donatella Ferranti per il Pd, seguiti da Vittorio Ferraresi, parlamentare  5 stelle, per parlare dell’ipotesi della legalizzazione delle droghe leggere e quindi della legge che verrà. Se verrà. A gelare gli entusiasmi degli ultimi due mesi e a mettere un freno al disegno di legge che vede tra i firmatari lo stesso Scalfarotto e Daniele Farina, ci si è messo Matteo Renzi che, intervistato la scorsa settimana da Daria Bignardi, aveva di fatto chiuso all’ipotesi di legalizzazione.

Il Pd fa marcia indietro quindi? Forse. Dopo aver ascoltato gli esponenti democratici, pronunciarsi su massimi sistemi con retorica ed un po’ di confusione lessicale (il pudico e politically correct “depenalizzazione” ricorre costantemente al posto di legalizzazione o regolamentazione) ammetto di aver capito ben poco delle intenzioni dei due parlamentari Pd. L’adesione di Scalfarotto “alla causa” non è sembrata di circostanza, mentre la Ferranti, ha evitato senza tanti complimenti, la seccatura di dover prendere una posizione. Risultato? Un sì di principio al superamento della Fini-Giovanardi ma sguardo al cielo se si chiede “bene ma sostituita da cosa”? Il disegno di legge Scalfarotto-Farina, cosi com’è, (se mai davvero dovesse iniziare l’iter parlamentare) lascia aperti troppi interrogativi: va bene depenalizzare la coltivazione domestica, va benissimo cancellare le sanzioni amministrative ma senza uno straccio di regolamentazione (in senso stretto), si rischia di fare più danni di quanti non ne abbia già fatti la l.49.

D’altronde l’esperienza olandese insegna: no a lasciare indeterminato l’anello più debole della catena, ossia la produzione. E’ lodevole l’accento sulla non criminalizzazione del consumo ma far emergere lo spaccio, normandolo, è fondamentale perché l’esperimento possa avere possibilità di riuscita. E proprio sulla produzione, ha posto l’accento Ferraresi, il giovane deputato del Movimento 5 Stelle; nella proposta di legge che il blog di Grillo sta sottoponendo al vaglio dei sostenitori del Movimento, sono previste una tassa di concessione governativa ed numero massimo consentito di piante di marijuana per la coltivazione domestica. 5 grammi, come nei Paesi Bassi, sarebbe il quantitativo di ganja per uso personale. Non si accenna invece ad esercizi commerciali come i coffeeshop, i dispensari americani oppure i cannabis club spagnoli.

Ma il disegno di legge, va detto, è ancora in fase di elaborazione. E francamente, al netto di un po’ di retorica “anti casta”, l’intervento di Ferraresi è stato, a differenza di quello dei parlamentari democratici, chiaro e trasparente. Dalle parti di Grillo, insomma, vogliono una regolamentazione. Il deputato grillino poi si è scagliato contro le divisioni interne al Pd a proposito della questione cannabis, divisioni che potrebbero portare al sacrificio della tanto sospirata riforma sull’altare delle larghe intese. Sarebbe un peccato mortale, considerando che l’Italia è attualmente l’unico paese europeo con un dibattito (concreto) in corso sulla legalizzazione della cannabis.

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