Angelino Alfano mostra la faccia feroce alla mafia. “I boss mafiosi sappiano che se provano a far uscire ancora informazioni dal carcere, lo Stato è pronto ad indurire sempre di più la legislazione sul carcere duro”, è l’avvertimento del ministro dell’Interno, che parla a margine dell’audizione in commissione antimafia in Prefettura a Milano. “Non avremo nessuna timidezza nel fare tutto ciò che è necessario fare per impedire che dall’interno delle strutture penitenziarie si possano dare ordini verso l’esterno”. 

E’ chiaro a cosa si riferisca Alfano. Nelle ultime settimane, il pm Nino Di Matteo, che rappresenta l’accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia, è stato bersaglio di ripetute di minacce da parte del “capo dei capi” Totò Riina. Prima, il boss era stato sentito urlare a un compagno di carcere: “Quelli lì devono morire, fosse l’ultima cosa che faccio”. Poi, pochi giorni fa, l’ultima gravissima intimidazione: “E’ tutto pronto e lo faremo in modo eclatante”. “Siamo dalla parte di Di Matteo e dalla parte di tutti i magistrati che sono impegnati in trincea e in prima linea”, afferma il vicepremier. “Lo Stato è dalla loro parte e metterà tutti i mezzi di cui dispone e la tecnologia di cui dispone l’intero Paese per rendere più sicura la loro vita: ogni attacco alla loro sicurezza è un attacco allo Stato contro cui lo Stato reagirà con ogni mezzo di cui dispone”.

Eppure, il pm si è visto costretto a non partecipare all’ultima udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia, a causa delle molteplici minacce subite. “Noi abbiamo offerto ai magistrati di Palermo ogni disponibilità che è nei poteri dello Stato di dare”, si giustifica Alfano. “Non c’è nulla di più efficace dei sistemi di protezione che abbiamo immaginato. Ma se si dovessero identificare altre misure più efficaci, noi siamo comunque disponibili”.

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