Fondiaria Sai e Unipol incrociano le braccia. I dipendenti delle due compagnie che dallo scorso autunno fanno capo alle Coop attraverso la Finanziaria dell’economia sociale (Finsoe) scioperano tre ore a livello nazionale giovedì 21, dalle 10 alle 13, “per difendere e tutelare il posto di lavoro”, nell’ambito del pacchetto di otto ore approvato la scorsa settimana dalle assemblee dei lavoratori in risposta al piano di fusione proposto dal nascente gruppo che ha fatto gridare alla “macelleria sociale d’impresa” e paragonare l’amministratore delegato del gruppo, Carlo Cimbri, a Sergio Marchionne.

“Si tratta di tre ore in entrata in tutta Italia. Gli scioperi avranno applicazione uguale per tutto il gruppo perché si vuole dare un segnale di azione comune“, ha spiegato a Reuters Silvano Pricoco coordinatore per Fna, una delle sigle sindacali del comparto assicurativo, di Milano Assicurazioni.  Intanto i sindacati sono stati convocati per il 27 febbraio per stabilire l’avvio delle procedure previste dalla legge e dal contratto nazionale legate al processo di fusione Unipol-Fonsai, ha detto Pricoco.

Il piano di fusione e la posizione assunta dall’azienda, soprattutto per ciò che riguarda gli esuberi, formalmente quantificati in 2.240 unità, hanno subito incontrato forte contrarietà dei sindacati a seguito di un primo incontro a inizio mese. Nel documento presentato dall’azienda – scrivevano i rappresentanti dei lavoratori in una nota – sono eluse alcune garanzie fondamentali riguardanti l’esclusione dei licenziamenti individuali e collettivi, la garanzia sulle attività che dovranno assicurare l’occupazione nelle sedi, la volontarietà dei trasferimenti e l’applicazione del Fondo Esuberi conforme alle previsioni contrattuali. Mancherebbe inoltre chiarezza sul piano industriale, soprattutto per quello che riguarda le dismissioni.

Va ancora peggio sul fronte azionario, con i soci di risparmio A che, come anticipato domenica 17 dal Fattoquotidiano.it, sono pronti a impugnare una delibera assembleare della scorsa estate che, lamentano gli azionisti, si è in seguito rivelata lesiva dei loro preesistenti diritti e privilegi di partecipazione agli utili del gruppo. E questo nonostante le precedenti rassicurazioni in senso opposto da parte del consiglio di amministrazione di Fondiaria Sai, per altro avallate da una perizia della società di consulenza contabile Pkf, che la stessa compagnia ha smentito venerdì 15 febbraio dando una lettura della delibera in senso opposto. Una questione non da poco dal momento che, ipotizzando a titolo esclusivamente esemplificativo, un non irrealistico monte dividendi di FonSai da 200 milioni di euro, in base alla prima interpretazione a questa categoria di azioni spetterebbe una cedola di 18,8 euro più il pregresso non ancora ricevuto, mentre in base alla seconda interpretazione gli stessi titoli di fatto non percepirebbero più di 6,5 euro per azione (oltre al pregresso). Salvo che la società non distribuisca dividendi complessivi per oltre 1,2 miliardi di euro. Ma l’ipotesi è smentita dagli stessi obiettivi di Uni-FonSai che ha un target di 821 milioni di utili per il 2015 dopo la fusione.

Il punto è che la delibera contestata fa parte del pacchetto di decisioni che sono state prese dai soci di Fondiaria Sai in occasione dell’assemblea di giugno che ha varato le ricapitalizzazioni necessarie per il passaggio della compagnia dalle mani della famiglia Ligresti a quelle del gruppo delle Coop. Al di là dei potenziali risvolti legali e finanziari, l’impugnazione, che sarà votata da un’assemblea che è stata appositamente convocata oggi per il prossimo 23 marzo (il 25 marzo in seconda e il giorno successivo in terza convocazione), potrebbe quindi avere degli effetti sulla stessa fusione tra le due assicurazioni contestata dai sindacati. Lo sanno bene anche i mercati che oggi hanno bersagliato di vendite il titolo Unipol che in Borsa ha ceduto il 2,3% a 1,91 euro. 

Articolo Precedente

Draghi: “Mps in difficoltà per attività criminale, ma è caso isolato”

next
Articolo Successivo

Fiat group, immatricolazioni a -12,4%. Ma la crisi colpisce tutto il mercato auto

next