Tutti (a parole) appoggiano l’intervento della Francia in Mali contro i jihadisti. Ma, come titola stamani il quotidiano Libération, Parigi per il momento “resta sola al fronte”. E nonostante che François Hollande e compagnia sarebbero ben contenti di ritrovarsi accanto a livello operativo nella missione militare qualcuno dei loro alleati. Ieri sera l’ennesimo appoggio (a parole) è arrivato da New York. Gérard Araud, ambasciatore francese presso le Nazioni Unite, si è detto soddisfatto “della comprensione e del sostegno di tutti i nostri partner all’interno del Consiglio di sicurezza”. “Hanno riconosciuto – ha precisato – che la Francia agisce in conformità della legalità internazionale e della carta dell’Onu”. Ribadendo che “il nostro Paese vuole che sia resa al più presto operativa la risoluzione 2085 delle Nazioni unite”. Questa, adottata il 20 dicembre scorso, prevede la costituzione di una forza militare internazionale africana (battezzata Misma, Missione internazionale di sostegno al Mali) che aiuti le autorità di Bamako a riconquistare il Nord, in mano ai ribelli islamisti.

Sulla vicenda del Mali è intervenuta pure l’ambasciatrice americana presso l’Onu, Susan Rice. “Abbiamo completa fiducia nei francesi”, ha detto. Parole incoraggianti anche da parte del segretario Usa alla Difesa, Leon Panetta. Ha, però, precisato che Washington è disposta a fornire assistenza solo in tre settori: “Sostegno logistico limitato, intelligence e trasporto aereo”. Peccato, perché da Parigi Laurent Fabius, ministro degli Esteri, ha fatto sapere ieri che “la Francia non ha vocazione a restare da sola accanto al Mali”. Come dire: alleati internazionali, fatevi avanti.

Dal fronte europeo potrebbe giungere qualche novità fra due giorni. Per giovedì è stata convocata una riunione d’urgenza dei ministri degli Esteri della Ue. “Dobbiamo fare il punto sulle possibili azioni dell’Unione europea in aiuto al Mali” ha sottolineato Catherine Ashton, alla guida della diplomazia comunitaria. Finora il sostegno ai raid francesi è stato “quasi unanime”, come detto da Fabius. Alcuni dubbi sono stati avanzati solo da alcuni Paesi dell’Est, Polonia in primis. Per il resto, tutti d’accordo. Ma, come al solito, a parole. Per il momento solo il Regno Unito, su richiesta di Parigi, ha reso disponibili due aerei da trasporto militare C17. Ma il premier David Cameron ha messo subito le mani avanti: “Siamo stati molto chiari sul fatto che si tratta solo di un aiuto logistico – ha dichiarato – Non ci sarà una nostra partecipazione diretta ai combattimenti”. La Danimarca ha prospettato di mettere a disposizione aerei da trasporto militare, mentre il Belgio dovrebbe decidere oggi se procedere da parte sua a un aiuto, ma sempre e solo di tipo logistico. Per il momento, invece, la Nato se ne lava completamente le mani. “E’ solo un’operazione di tipo nazionale – ha sottolineato Oana Lungescu, portavoce dell’organizzazione militare – Non esiste una diScussione sul Mali all’interno della Nato”.

Insomma, la situazione è altamente contraddittoria. Tanto più che “la Francia deve convincere altri Paesi a mettersi al suo fianco così da non apparire, quale in realtà è, l’antica potenza coloniale all’azione, alle prese con una guerra solitaria”, si legge oggi in un articolo di Jean-Pierre Perrin su Libération . “Il problema – osserva Jean Techau, dell’istituto Carnegie Europe a Bruxelles – è che numerosi Paesi europei non considerano il Mali un’urgenza strategica come invece la Francia”. Determinante in questo contesto appare la posizione della Germania, tradizionalmente reticente all’utilizzo della forza a livello internazionale dal 1945. E che si era opposta all’iniziativa in Libia nel 2011 del Regno Unito e della Germania. Da questo punto di vista le cose per Parigi stavolta sembrano mettersi meglio. Ieri un portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha assicurato che il suo Paese “non lascerà la Francia da sola in questa difficile situazione”. Sarebbe possibile un sostegno “logisitico e umanitario”. Ma ancora una volta non operativo.

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