Ho letto con attenzione l’articolo di Andrea Scanzi in merito a Grillo e alle sue furibonde reprimende. Mi sembra, ancora una volta, che l’approssimazione concettuale domini, oramai, la politica e chi si occupa di politica.

Si scrive di democrazia diretta tralasciando il non semplice fatto che la forma compiuta di democrazia diretta non prevede una intermediazione di parlamentari siano essi cittadini o onorevoli, a tempo o definitivi. Semplicemente la democrazia diretta non desidera mediazioni. Tanto è vero che tale istituto sopravvive, nelle democrazie rappresentative, sotto forma di referendum.

Il futuro rappresentante parlamentare del movimento 5 stelle agirà in un contesto in cui la democrazia diretta nulla c’entra. Lo dico, a chiara difesa, di quella sparuta e ammirevole comunità anarchica che crede, realmente, nella democrazia diretta e di conseguenza odia, realmente, ogni forma o organismo istituzionale, a partire dalle sedi della rappresentanza politica. La democrazia diretta è la negazione della delega.

Quindi consiglierei a Grillo di depennare tale termine dal proprio lessico politico che di fatto è usurpata da movimenti di ben altra e nobile tradizione, nemica di ogni forma di autoritarismo ed estranea a linguaggi e comportamenti da caserma.

E veniamo a quest’ultima questione: Scanzi la liquida come cosa secondaria rispetto a difetti di fabbrica più corposi. Io credo, al contrario, che il dna democratico di una qualsiasi formazione politica ne qualifichi l’origine e ne determini, nel bene o nel male, l’avvenire. E ritengo che proprio coloro che vorrebbero una classe dirigente meno corrotta dovrebbero, a maggiore ragione, porsi da subito regole certe di un funzionamento trasparente e democratico. Sono questioni che non si possono tralasciare e posticipare, perché le dinamiche tra corpo politico e testa politica rifletteranno, un domani, le dinamiche tra corpi dello stato, relazioni tra organi istituzionali, rapporti tra poteri. Cosa non marginale se si vuole, oltre che rinnovare la fisiognomica parlamentare, affrontare anche le irrisolte questioni che fanno di questo paese una nazione sulla via del sottosviluppo.

A maggiore ragione quando un movimento, come quello di Grillo, raccoglie pulsioni, idee, emozioni e riflessioni politiche disomogenee proprio perché provenienti da esperienze e esistenze profondamente diverse, unite, per il momento, dal solo e comprensibile sentimento di fare pulizia di tutto.

Poi, per carità, non si vuole cambiare? Benissimo. Dopo il capetto di Arcore sopporteremo anche quello genovese. Ma non sarà una novità. Ma una cosa vecchia, trita e ritrita.

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