“Votate alle regionali per la mia prof, Maria Elena Grassi“. Un invito che, intorno alle ore 19 di lunedì 17 settembre, è arrivato a migliaia di studenti e docenti dell’università di Catania i cui indirizzi si trovano nella mailing list d’ateneo. Il mittente è Daniele Di Maria, all’apparenza un normale studente etneo – ma con molti contatti – che, insieme ad altri 15 colleghi, sostiene la candidatura con l’Udc della dirigente scolastica dell’istituto catanese Lucia Mangano.

“Apprezzando le sue capacità di donna e di professionista”, spiega lui stesso. Ma qualcuno si accorge che qualcosa non va: la mail infatti è stata spedita dai server dell’università. E sembra proprio essere arrivata a tutti i contatti della mailing list d’ateneo. Come ha fatto lo studente Di Maria ad accedervi, usandola in maniera del tutto impropria resta ancora da chiarire. Quello che è certo è che a quella mailing list può accedervi il padre, Antonino Di Maria, membro dello staff del rettore etneo Antonino Recca, fino a non troppo tempo fa coordinatore locale proprio del partito di Casini. Ma come mai questo attaccamento dei Di Maria alla candidata? Rapporti di sangue. Daniele altri non è che il figlio della Grassi e di Antonino, dipendente Unict.

I primi ad accorgersi che qualcosa non quadrava nell’invito elettorale sono stati gli studenti del Movimento studentesco catanese. Stamattina, con un’incursione al palazzo centrale del Siculorum gymnasium, hanno scoperto che il collegamento tra l’ateneo di Catania e la candidata Maria Elena Grassi doveva essere più che un server. Su una scrivania degli uffici universitari, infatti, campeggiava una mazzetta di santini elettorali della bionda candidata. Che intanto dissimula: “Se qualcuno si è permesso di mandare email a qualcuno che non voleva riceverne, mi dispiace”.

Lei si dice all’oscuro dell’iniziativa, venuta “dai ragazzi come Daniele Di Maria, mio sostenitore come tanti altri”. Ma dimentica di dire che il sostenitore è anche suo figlio. E che il marito è Antonio Di Maria, impiegato proprio presso gli uffici del Rettorato. Qualora fosse provato il suo coinvolgimento, i messaggi potrebbero costare caro alla famiglia Grassi-Di Maria. E non solo in senso elettorale. Potrebbe trattarsi di abuso d’ufficio: punito con sei anni di reclusione e il licenziamento.

“Anche questa volta il movimento studentesco è impegnato nel trasformare in rissa l’attuale democratica competizione elettorale regionale – risponde il giovane Di Maria – L’ultima, assurda pretesa è quella di precludere agli altri l’utilizzo del web, al quale qualunque studente è libero di accedere”. Secondo il figlio della candidata, per non ricevere più email a un indirizzo che non è mai stato fornito per scopi elettorali, basterà richiedere la cancellazione dal loro archivio. “Di quanto successo non sappiamo nulla”, risponde a sua volta l’Ateneo sulla vicenda. Del resto, come da molti mesi ormai, sulle questioni sollevate dal Movimento studentesco catanese “non ci saranno risposte ufficiali”, aveva già affermato il rettore Antonino Recca nei mesi scorsi. “Una risposta ufficiale dell’Università potrebbe arrivare solo dopo un’ipotetica richiesta di intervento della magistratura” concludono dall’ufficio stampa. Intervento che Matteo Iannitti, portavoce del Movimento studentesco, annuncia già di voler richiedere.

di Leandro Perrotta

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