La comunicazione che Renzi ha allestito per la corsa alle primarie ricalca in modo impressionante lo stile di Barack Obama. I dettagli sono mille, ne elenco solo alcuni:

  1. La scelta cromatica: una combinazione di rosso, blu e azzurro, che modifica poco quella di Obama.
  2. Il payoff fatto di una sola parola: «Forward», «Adesso!».
  3. I cartelli sventolati dai supporter durante i comizi.
  4. I discorsi in maniche di camicia.
  5. I video che celebrano in due o tre minuti ogni tappa del viaggio in camper (chiamati Day 1, Day 2, Day 3, come Obama).
  6. Lo stile di produzione e post-produzione dei video (regia, luci, montaggio ecc.): si evidenziano il backstage, i dettagli del corpo dell’oratore, le facce concentrate del pubblico, le strette di mano e i «give me five» con la gente comune.
  7. L’insistenza sul «futuro» e sul «cambiamento» («Change» era il payoff di Obama nel 2008).
  8. Potrei continuare a lungo, ma lascio ad altri l’esercizio: certo ci sono anche differenze (sento già l’obiezione), ma ogni somiglianza riposa per forza su uno sfondo di differenze, altrimenti non sarebbe somiglianza ma identità.

Buona notizia. Renzi non è il primo, nel Pd, a ispirarsi alla comunicazione di Obama che, essendo un’eccellenza, ha avuto (e avrà) imitatori in tutto il mondo. Anche Veltroni ricalcò il suo «Si può fare» sullo «Yes we can» di Obama nel 2008 (peggiorandolo, per ragioni che ho spiegato qui). Anche Veltroni insisteva sulla speranza. Anche i supporter di Veltroni agitavano cartelli (verdi, con scritto «Si può fare»). Anche Franceschini si presentò alle primarie del 2009 con uno stile analogo (il suo payoff era «Adesso», senza punto esclamativo e su fondo blu). La buona notizia sta nel fatto che Renzi imita Obama meglio dei suoi predecessori: il suo staff ci mette più professionalità e più capacità di integrare in modo coerente i vari media (dalla comunicazione sul territorio alla televisione, fino al sito internet e i social media). E lui è più bravo nel recitare la parte.

Cattiva notizia. Sembra che la comunicazione del Pd, da quando il partito è nato, non riesca a uscire dall’imitazione del Democratic Party statunitense, specie in versione Obama. Pare non riesca a inventarsi nulla di originale, nulla che sia ritagliato appositamente per il contesto e la realtà italiana. Il problema non è solo la mancanza di originalità (che per uno che si propone come «nuovo» sarebbe auspicabile). Il rischio più grosso, in un’operazione del genere, è che suoni, se non fasulla, perlomeno un po’ appiccicata, stonata, e come tale non del tutto convincente. Specie considerando che questa comunicazione si rivolge agli elettori di centrosinistra, che mal sopportano il marketing politico troppo marcato.

Va anche detto però (e qui c’è di nuovo una buona notizia per Renzi) che il livello medio della comunicazione politica, in Italia, è talmente basso che anche una comunicazione un po’ posticcia può attrarre molti: dopotutto Renzi sa usare bene il lessico emozionale (parla di «orgoglio», «dignità», «coraggio») e lo storytelling (racconta di continuo storie e storielle di cittadini qualunque, sindaci di piccoli comuni e di se stesso); e queste leve sono fondamentali nella persuasione di massa.

È troppo presto però per fare previsioni. Molto dipende da cosa faranno gli avversari di Renzi. Bersani in primis.

Obama sulla strada per Charlotte:

Adesso! Day One:

 

Articolo Precedente

“Gli sprechi ci sono, ma Bankitalia resta un istituto di eccellenza”

next
Articolo Successivo

La grande abbuffata del Pdl nel Lazio. Fissazione allo stadio orale?

next