Capri
Capri Marina Piccola
Prima ancora di sbarcare a Capri ci si rende conto, all’ingresso di Marina Grande, delle carenze del suo porto. In alta stagione con le orde di turisti vomitati in banchina dalle navi da crociera, l’Isola delle sirene va in tilt.  “Le condizioni di sovraffollamento del porto sono indegne di un paese civile”, lamenta Marzio Lembo, professore di Scienza delle Costruzioni alla facoltà di Ingegneria di Roma Tre e consigliere comunale di una lista civica che da 12 anni si oppone al centrodestra. Vorrebbe urlare la sua rabbia ma “per ragioni di età e di “consuetudine professionale” sono portato a esprimermi in modo sobrio”, dice Lembo.

Capri vive di turismo. Ma l’immobilismo dell’amministrazione e la logica dell’affarismo immediato (e non lungimirante)  fanno colare a picco una delle principali risorse del bel e mal sfruttato Paese (si può dire che ben poco abbia fatto pure l’ex ministro del Turismo, la rossa Michela Brambilla,  troppo impegnata a passare da un palcoscenico televisivo alla vetrina della “Battaglia di Fiori di Ventimiglia collezionando vari premi).
“Capri non ce la fa più ad assorbire tre milioni di turisti all’anno. Bastano anche solo le 1500 persone che ogni nave da crociera sbarca sull’isola per mandare in tilt il porto”, continua Lembo. E punta ancora l’indice su “un fenomeno che degenera e diviene nocivo davanti a un’amministrazione comunale incapace di gestire il territorio”. Sono anni che Lembo si batte per ampliare il molo senza restringere lo specchio d’acqua. Sono anni che si batte perché le corse charter siano sottoposte al nulla osta del sindaco e per ottenere la regolamentare delle imbarcazioni ormeggiate a Marina Piccola.

Questi alcuni punti salienti dell’ultima indagine Censis “Un manifesto per Capri” per la gestione dei flussi che giornalmente si riversano sull’isola.

1) Oggi Capri deve iniziare oltre che a sanare le sue insopportabili deficienze, a governare le dinamiche che investono l’isola e la sua immagine. Deve iniziare a fare governo del turismo, cosa che non ha mai fatto, perché più che gestirlo, vi si è sempre adattata. Un turismo che non ha mai smesso di crescere.

2) Si è creato e consolidato negli anni un circuito di interessi che non solo ha dirottato una buona fetta di economia derivante dalla vendita del “prodotto Capri” al di fuori, ma soprattutto ha agito rispetto all’isola secondo una logica predatoria, volta a raggiungere il massimo profitto con il minimo investimento.

3) Un patrimonio paesaggistico, unico al mondo, che rappresenta la vera ricchezza di chi la abita. Eppure, spesso e volentieri, i capresi sembrano scordarsene. Non si può trascurare di sottolineare come alcune scelte e non scelte da parte delle classi dirigenti, abbiano negli anni impattato fortemente sulla qualità della risorsa naturalistica: l’alto tasso di abusivismo edilizio e l’impatto negativo che ciò produce sull’ambiente (le case abusive non hanno collegamento al sistema fognario), il traffico di natanti nei mesi estivi, destinato a diventare ancora più copioso per la scelta di non trasformare Capri in Parco Marino (scelta effettuata da gran parte dei comuni che affacciano sul Golfo di Napoli, come Punta Campanella per esempio, e che ha, inevce, dirottato un numero sempre maggiore di natanti verso l’isola). Al quale aggiungere lo stato di incuria in cui sono tenuti alcuni dei più bei sentieri panoramici dell’isola.

Capri, ha vocazione turistica fin dai tempi dell’imperatore Tiberio, poi divenne meta da Grand Tour ai tempi di Goethe. Ma geograficamente, strutturalmente non è adatta al deturpante turismo di massa di oggi.  Inutile Insistere. 

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