Il quotidiano francese Le Figaro ha riportato la notizia che la Francia intende riesaminare ed eventualmente rinunciare a dieci progetti di linee ferroviarie ad alta velocità, tra cui la Torino-Lione a causa dei costi elevatissimi e della riduzione del traffico merci.

Pare che, finalmente, la crisi economica e la scarsità di risorse costringano a rivedere le priorità: è finito il tempo delle grandi opere pubbliche finanziate con enormi debiti che ricadono sulle spalle della collettività e sulle generazioni future sotto forma di tasse e tagli ai servizi pubblici e allo stato sociale. Per questo, da tempo, il Movimento per la Decrescita Felice afferma che occorre spostare la priorità dalla crescita del Pil alla crescita dell’occupazione in lavori utili.

Abbiamo studiato i dati ministeriali sulla galleria per il Tav in Val di Susa. Si stima che l’opera costerà 8,2 miliardi di euro e consentirà di creare circa 6.000 nuovi posti di lavoro, il che significa 0,73 nuovi posti per ogni milione di euro investito, salvo aumenti di spesa in corso d’opera. Inoltre lasceremo sulle spalle delle generazioni future il debito, i danni ambientali e i costi per il funzionamento del tunnel.

Questo vale per tutte le grandi opere infrastrutturali. Si può fare diversamente? Certamente! Basta cambiare le priorità investendo le poche risorse disponibili in migliaia di microcantieri, che dovrebbero riguardare in primo luogo l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati, ma anche le bonifiche ambientali e la messa in sicurezza del territorio rispetto agli eventi catastrofici.

In un accurato studio dell’Enea del 2009 si proponevano interventi di riqualificazione energetica in 15.000 scuole ed edifici pubblici, che spendono circa 1,8 miliardi di euro all’anno in energia elettrica e termica. Con gli 8,2 miliardi di euro previsti per il Tav si può ridurre del 20% i consumi di questi edifici, con un risparmio di oltre 420 milioni all’anno e si possono creare almeno 150.000 nuovi posti di lavoro, facendo ripartire in maniera virtuosa il settore dell’edilizia. In un articolo del Sole 24ore (febbraio 2012) si legge che investendo un milione di euro in progetti di efficienza energetica si generano in media 13 posti di lavoro. Le opere di efficientamento si ripagano da sé in pochi anni grazie al risparmio energetico.

Immediatamente calerebbe la bolletta energetica nazionale e l’inquinamento da CO2. Ci guadagneremmo tutti. Inoltre con commesse piccole e diffuse, i fenomeni di corruzione, tipici dei grandi appalti, sarebbero certamente meno frequenti e il denaro speso resterebbe nel territorio contribuendo in maniera determinante al riavvio dell’economia.

Facciamo appello alla politica perché dia priorità alle soluzioni che proponiamo. Occorre abbandonare il dogma della crescita continua. Nell’Universo nulla cresce per sempre e il PIL non è l’indicatore unico ed indiscutibile del nostro benessere.

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