Cultura

Giulio Cavalli e “L’innocenza di Giulio”, un libro “sull’assoluzione più colpevole d’Italia”

Esce in libreria per Chiarelettere l'ultimo lavoro dell'autore milanese sulla vicenda giudiziaria del politico più longevo della Repubblica. Un volume che ripercorre la sua storia e ristabilisce una verità da troppi dimenticata: il sette volte presidente del consiglio non è stato assolto, ma riconosciuto colpevole del reato di associazione mafiosa fino al 1980, ma prescritto

di Elena Rosselli
Giulio Cavalli

“L’assoluzione più colpevole d’Italia”. Così Giulio Cavalli, scrittore, autore teatrale e consigliere regionale in Lombardia per Sinistra ecologia e libertà, definisce il “caso Andreotti”, al centro del suo ultimo libro “L’innocenza di Giulio” nelle librerie da oggi per l’editore Chiarelettere.  “Conoscere il processo Andreotti ci insegna a riconoscere la politica che tenta in tutti i modi di legittimare l’illegalità – spiega Cavalli al Fattoquotidiano.it – Soprattutto capire che la storia di questo Paese è negli atti giudiziari, nei fatti che sono stati riscontrati, nei fatti che sono stati raccontati e su cui non possono esistere dubbi”.

Nel 2011 Cavalli porta in scena uno spettacolo teatrale – “L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” – uno spettacolo-monologo in cui testimonianze, deposizioni e lettura degli atti giudiziari si alternano per raccontare il processo per mafia che ha coinvolto una delle figure politiche più controverse della politica italiana. “Tutto parte da una cena con il procuratore Gian Carlo Caselli e con Carlo Lucarelli – racconta ancora l’autore, milanese, classe 1977 – In quel momento decidemmo che non potevamo lasciare il racconto della vicenda Andreotti a chi continuava a dire che il politico sette volte presidente del Consiglio era stato assolto nel processo per mafia”. Perché, “se si ripete una bugia infinite volte alla fine si riesce anche a trasformare in una verità storica qualcosa che in realtà non è mai avvenuto”. E quello che non è mai avvenuto è proprio l’assoluzione di “Belzebù”.

Tutti ricordano la giovane e allora sconosciuta avvocato Giulia Bongiorno chiamare l’illustre cliente gridando “Assolto! Assolto!”. Molti meno ricordano che nella sentenza d’appello, emessa dal tribunale di Palermo nel 2003 allora guidato da Gian Carlo Caselli, Andreotti viene riconosciuto colpevole del reato di partecipazione all’associazione per delinquere con Cosa Nostra, “concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980”, reato però “estinto per prescrizione”. Una versione confermata anche dalla Cassazione. Altro che innocente. La sentenza della Corte d’Appello di Palermo è lapidaria: “Andreotti ha avuto piena consapevolezza che i suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha quindi coltivato, a sua volta, amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi”.

Per quella sentenza il giudice Caselli, che firma la prefazione al libro, fu escluso dalla nomina a procuratore nazionale antimafia con una norma specifica ribattezzata “contra personam”. Ora Giulio Cavalli con il suo ultimo lavoro segue un sogno: “Quello – spiega – che dopo aver visto lo spettacolo, le persone sentano il desiderio di documentarsi e per questo comprino il libro”. Un libro contro “l’innocenza di un Paese che si ostina a dimenticare il passato”. Un libro per “interessarsi al presente”.

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