Guerra di carte bollate tra Giuliano Pisapia e Mario Monti. Il sindaco di Milano e il capo del governo fanno la luna di miele sulla carta stampata e se le danno di santa ragione su quella bollata. Tutto per via di una storia di tributi non versati al Comune, gli stessi che Monti chiede agli italiani per risollevare le finanze pubbliche ma che, da presidente dell’ateneo più ricco e costoso d’Italia, si è ben guardato dal versare. La contesa riguarda le residenze universitarie dell’Università Bocconi in via Spadolini 12/A, un complesso per studenti fuori sede con 333 camere a disposizione della gioventù bocconiana.

La blasonata università commerciale dal 2005 in poi non ha mai pagato la quota Ici di sua competenza sulle abitazioni, dando così avvio a un contenzioso che è partito con un primo “avviso di accertamento” da 104mila euro recapitato a marzo del 2008. Da allora la lite non è mai finita e il Comune ha continuato a notificare cartelle esattoriali, anno dopo anno, portando il contenzioso a sfiorare i 600mila euro. L’ascesa al governo di Monti non ha seppellito la questione e il sindaco di Milano non ha fatto sconti al residence per studenti e il 22 dicembre scorso Pisapia ha firmato di suo pugno l’incarico all’avvocatura comunale di andare fino in fondo alla questione, opponendosi alle pronunce delle commissioni tributarie che finora si sono piegate alle ragioni della Bocconi. Sei pagine con tanto di motivazioni che inducono l’amministrazione a tenere posizione ferma nella contesa.

Nel merito, l’università vuol far valere un’esenzione rispetto alla legge 504 del 1999 che, tra le altre cose, regola la materia del versamento delle imposte locali. L’articolo 7 comma 1 della legge esonera effettivamente gli immobili adibiti a sede “con finalità istituzionali, assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. Ma di questo beneficio, rispondono i legali di Pisapia, la Bocconi già gode per la sede storica e istituzionale di via Sarfatti, mentre la pretesa rispetto al pensionato studentesco sarebbe una forzatura in senso estensivo della legge, essendo l’affitto in cambio di dazione – con rette salate, per altro, da 3.100 a 8.500 l’anno – un’attività adibita a scopi di lucro del tutto assimilabile a quella praticata dagli albergatori e dagli affittacamere privati cui, manco a dirlo, viene chiesto di pagare regolarmente il balzello.

Se la posizione assunta dalla Bocconi dovesse risultare vincente, quella che trasforma la casa dello studente in attività istituzionale e la esenta dall’Ici, gli effetti sarebbero surreali e a catena, ma soprattutto pesanti per il bilancio dello Stato. Tutti gli albergatori d’Italia farebbero la fila davanti all’ufficio licenze del commercio del Comune per chiedere le pari opportunità nell’evasione. Cadrebbe una sorta di tombale silenzio sulle polemiche che hanno recentemente investito la Chiesa, laddove spaccia per luoghi di culto attività para-commerciali o di pernottamento a ombrello del tributo. Avrebbe anche effetti rovinosi per le finanze pubbliche perché chi ha pagato l’Ici fino a ieri, per estensione e analogia nell’interpretazione della norma, da domani potrebbe sentirsi legittimato a chiedere di fare l’esatto contrario o a pretendere dalle amministrazioni gli importi “indebitamente” versati in anni e anni di contribuzione. Una débacle per le povere finanze di Milano e dello Stato. La contesa si trascina da sette anni, a scioglierla saranno i giudici di legittimità con sentenza in Cassazione.

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