”Anche in questa fase di tagli della spesa pubblica, di rigore in seguito all’accumulo di un grande stock di debito pubblico, ritengo che i tagli della spesa pubblica non possano essere fatti con il machete. Non si possono mettere sullo stesso piano tutte le spese”, ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al termine della visita ai laboratori del Cern di Ginevra dove ha sollecitato anche un maggiore contributo del settore privato alla ricerca.
Nella comunità scientifica italiana che ruota attorno ai lavoratori di Ginevra (1.500 ricercatori su 6.000) ha fatto sensazione e desta preoccupazione la scelta del nostro Paese di ridurre nella legge Finanziaria gli stanziamenti per la ricerca e quindi anche il contributo nazionale al Cern, che è un progetto condiviso da 20 Paesi.
“Come sapete – ha detto Napolitano – io sono un presidente non esecutivo ma credo che saranno condivise da altri alcune ragioni fondamentali di sviluppo della comunità italiana che si riflettono nell’investimento per la ricerca. C’è una nostra forte ragione di sostenere il Cern e sono convinto che questo impegno non verrà meno perché occorre uno sguardo un po’ più lungo e lungimirante”.
“Non è retorico dire – ha concluso – che cosa si può tagliare e che cosa non si può tagliare. Ci sono voci di spesa che non possono essere sacrificate in modo schematico e alla leggera perché sono in un certo senso dei finanziamenti dati ai nostri giovani, alla scienza e al nostro futuro. Non so se sia più miope trascurare il valore in sé della scienza o sottovalutare le ricadute che le scoperte scientifiche hanno sulla nostra vita sociale. Vorrei che non fosse necessario per ottenere dei finanziamenti garantire che ci sono queste ricadute. Non so se Galileo Galilei era in grado di garantire le ricadute delle sue ricerche. Dobbiamo pensare che è in gioco il ruolo dell’Italia nel mondo in una fase in cui rischia di declinare anche il ruolo mondiale dell’Europa di fronte all’avanzata nel campo della ricerca di Paesi, come quelli asiatici, da secoli ai margini dello sviluppo. Se l’Europa non vuole essere condannata a giocare un ruolo minore, il nostro patrimonio scientifico va accresciuto e questo dipende da noi”.
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