Sono i soldi e non il rischio manette, il vero bavaglio all’informazione. Il disegno di legge sulle intercettazioni, approvato al Senato dagli uomini di Silvio Berlusconi, stabilisce che gli editori dovranno pagare multe salatissime se giornalisti e scrittori violeranno le nuove norme. Qualora la legge passerà, se vengono pubblicati atti processuali anche non più segreti, compreso le intercettazioni, sono previste multe fino a 309.800 euro, nel caso non sia conclusa l’udienza preliminare. Per registrazioni destinate alla distruzione, le ammende arrivano a 464.700 euro. Con Caterina Malavenda, avvocato ed esperta di diritto dell’informazione, analizziamo questa parte della normativa. Anche nei punti, altrettanto pericolosi, che sono passati sotto silenzio. “Gli editori, se queste modifiche verranno confermate, essendo assoggettati a multe molto pesanti, avranno il diritto di informarsi e prendere decisioni sui contenuti degli articoli e dei testi dei libri che giornalisti e autori vogliono scrivere. In contrasto con le norme contrattuali che prevedono una cesura netta fra redazione e direttore da un parte, ed editore dall’altra. Fin’ora invece è solo il direttore che deve decidere cosa pubblicare, assumendosene la responsabilità”.
Quindi anche sotto questo aspetto c’è una violazione dell’articolo 21 della Costituzione?
Non per colpa degli editori. È la legge nel suo complesso che provoca una contrazione della libertà di informazione. Gli editori, in quanto imprenditori non possono vendere un prodotto che gli costa più di quanto gli rende. In casi specifici il pagamento di diverse multe può voler dire la chiusura di un giornale o di una casa editrice.
Chi rischia di più?
Gli editori di libri o articoli di inchiesta che contengono atti giudiziari. È evidente che c’è un’alta probabilità che arrivino non solo querele, ma anche procedimenti penali per pubblicazione di atti vietati in base alla nuova legge.
Per gli editori dei libri c’è un’altra brutta novità, sfuggita persino a molti di loro. Non ha nulla a che vedere con la tutela, già garantita per legge, di chi è stato diffamato. Di cosa si tratta?
L’articolo 8 della legge sulla stampa riconosce il diritto di rettifica a chiunque lamenti la pubblicazione di immagini o l’attribuzione di atti, pensieri o informazioni ritenuti lesivi della reputazione o contrari alla verità. Fin’ora la rettifica era prevista solo per gli articoli pubblicati sui giornali e per le notizie diffuse in radio o in televisione. Il ddl introduce questo diritto anche nei confronti del contenuto dei libri. L’autore e l’editore ( o lo stampatore, se l’editore non è indicato) , a richiesta dell’interessato, deve pubblicare la rettifica a proprie spese su non più di 2 quotidiani nazionali, scelti dalla parte offesa.
È previsto il diritto di replica?
No. La legge dice ‘senza commento’. La rettifica può essere rifiutata solo quando il testo abbia un rilievo penale. Cioè esponga l’editore o l’autore a querele di terzi.
Un esempio?
Se nella rettifica si diffama qualcuno, ci si può rifiutare di pubblicarla.
Si può definire un’altra arma per scoraggiare i libri di inchiesta?
Posso far notare che mentre la multa verrà inflitta da un giudice alla fine del processo, se ci sarà una condanna, la rettifica dovrà essere pubblicata e pagata entro 7 giorni. Inoltre, dato che non è consentito replicare, l’autore e l’editore potrebbero essere costretti a pubblicare un testo dell’interessato pieno di falsità.
Si può aggirare anche questa museruola?
La legge vieta la risposta in calce alla rettifica. Se però un autore trova spazio su un giornale, la legge non impedisce che sull’argomento si torni il giorno dopo. Ma intanto l’editore ha comunque dovuto pagare. Pertanto prima di pubblicare un libro, avendo in mente anche questo aspetto, dovrà pensare ai costi che rischia di dover affrontare.
Ci sono nuove regole anche per le rettifiche degli articoli?
Con la nuova legge il giornalista chiamato in causa, che adesso può controbattere, in base al ddl non potrà più farlo. Ma può cercare di scrivere un nuovo articolo. L’unica consolazione, si fa per dire, è che l’editore del giornale non spende nulla. Mentre gli editori di libri dovranno comprare spazi appositi sui giornali, neppure scelti da loro, proporzionali alla lunghezza della rettifica, che può arrivare fino a 30 righe. Con un costo non indifferente.

da Il Fatto Quotidiano del 13 giugno 2010

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