“Qualunque cosa succeda” scriveva l’avvocato Giorgio Ambrosoli a sua moglie. Parole che si toccano. E raccontano la storia di un uomo libero: la libertà di chi “è capace di affermare la propria libertà”. Di chi non conosce il volto del ricatto che rende schiavo più di mille catene. Di chi può restare libero “con se stesso, rimanendo coerente al proprio pensiero, alle proprie convinzioni. Con gli altri, quando ha respinto blandizie e ricatti senza neanche cercare protezioni ‘politiche’ nella consapevolezza che anche quelle potevano avere un prezzo” scrive il figlio Umberto nel suo libro.

Libero “nel senso più completo del termine, quello che include la consapevolezza del proprio ruolo. Non istituzionale, di commissario liquidatore, ma di uomo, di marito, di padre, di cittadino”. La libertà di non fuggire. Di restare al proprio posto con la convinzione che il coraggio, sia la prima qualità che garantisce tutte le altre. Della coerenza “con se stesso e ai valori nei quali credeva – all’unisono con mia madre nella vita familiare, professionale e sociale, ma anche quando da commissario liquidatore la tenuta di quei valori è stata sondata da proposte corruttive, dall’isolamento istituzionale, dalle minacce di morte”.

Un uomo che per tenere “dritta la barra della propria condotta” confidava sull’onestà, sul senso del dovere per “impedire un compromesso”. Un esempio da custodire gelosamente di fronte al denaro e al potere che tutto concedono e tutto giustificano, che restituisce dignità alla parola “Stato”. Uno Stato che dimentica uomini che come lui gli hanno dato un’anima e si affanna a dare un’anima a chi non l’ha mai avuta.

“Papà non era mosso da un’ambizione di eroismo, né da un sentimento di martirio, né da spirito rivoluzionario: ha voluto, con le sue scelte, vivere appieno la responsabilità che si era assunto nell’interesse del paese. È rimasto l’uomo che voleva essere: quello che contribuisce, attraverso l’esercizio della propria responsabilità, a costruire il paese nel quale crescere i suoi figli”.

Sono le parole che ci affida Umberto Ambrosoli, parole di pietra in un paese in cui l’interesse personale, l’assenza di responsabilità sono “virtù” che fanno grandi uomini piccoli.

Da Il Fatto Quotidiano del 20 gennaio

Articolo Precedente

Il dito puntato sulla questione morale

next
Articolo Successivo

Il filo normale chiamato giustizia

next