Una nuova, originale, interpretazione del ruolo di consigliere indipendente è quella che emerge dalle carte dello scandalo della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio e che vede protagonista il commercialista e affarista Luciano Nataloni. Un consigliere d’amministrazione così disinvoltamente indipendente da non lasciarsi condizionare da leggi e regolamenti e da anteporre sistematicamente i propri interessi (e quelli dei propri clienti) a quelli della banca amministrata. Un caso che ha dell’incredibile perché Nataloni – consigliere indipendente di Popolare Etruria, nonché presidente del Comitato Rischi e di quello per le Parti correlate – di mestiere faceva consulenze ad aziende per la ristrutturazione del debito, aziende che ha fatto generosamente finanziare dalla stessa Popolare Etruria in spregio a ogni regola. Lo si apprende dalla dettagliata ricostruzione fatta dal commissario liquidatore della banca che ha promosso l’azione di responsabilità nei confronti di una quarantina di soggetti tra cui Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena Boschi, l’ex presidente Lorenzo Rosi e, appunto, Nataloni, il commercialista della porta accanto a quella del tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, che è anche l’ex fidanzato della Boschi nonché socio di studio del fratello della sottosegretaria e contestatissimo membro della Commissione d’inchiesta sulle banche.

Nataloni è in mille partite: dal business della gestione dei rifiuti in Toscana a quello degli outlet (interesse quest’ultimo che condivide con Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo), alla consulenza appunto ad aziende in crisi. L’approdo nel consiglio d’amministrazione di Banca Etruria rappresenta una leva formidabile per lo sviluppo dei suoi affari. E’ come un topo nel formaggio: “Molte aziende clienti dello studio professionale del consigliere Nataloni, o aziende controllate da queste ultime, sono state finanziate da Banca popolare dell’Etruria e del Lazio su input del medesimo Nataloni e non seguendo le procedure standard quanto a tempistica e modalità”, si legge nell’atto di citazione promosso dal commissario liquidatore di Banca Etruria. Il conflitto d’interesse è palese (Nataloni consigliava ai propri clienti cosa fare e cosa chiedere alla banca, mentre come consigliere e presidente del comitato Rischi avrebbe dovuto fare gli interessi dell’istituto), ma nessuno all’interno del consiglio sembra farci caso, tanto che la convenienza di questi affidamenti “non solo non sussisteva, ma è stata verificata dal cda in modo approssimativo o comunque negligente visto che i crediti riconducibili alle consulenze dello Studio Associato Nataloni hanno complessivamente generato” perdite per oltre 19 milioni di euro al 30 settembre 2015.

Tra i casi più clamorosi citati dal commissario liquidatore c’è quello della società immobiliare Etruria Investimenti il cui piano industriale e finanziario era stato redatto dallo stesso Nataloni nel 2012 e che a marzo 2013 – sempre con l’assistenza dello studio Nataloni – presenta domanda di concordato preventivo in continuità. Il concordato prevede la richiesta di ingenti finanziamenti a un pool di banche “al fine di completare diversi cantieri” e Popolare Etruria eroga un mutuo di oltre 12 milioni per la realizzazione di un complesso residenziale nel centro di San Giovanni Valdarno. Meno di un anno dopo, i commissari del concordato preventivo della società ritengono che in realtà non sussistano i presupposti per la continuità aziendale e per il completamento dei cantieri, facendo così cadere ogni ipotesi di completamento del complesso immobiliare di San Giovanni Valdarno (“ciò anche perché i prezzi di vendita non sarebbero stati coerenti con i valori attuali del mercato immobiliare”). Il credito di Banca Etruria nei confronti di Etruria Investimenti (12,3 milioni di euro) viene classificato a sofferenza nel gennaio 2015.

Un altro caso, seppur di importo inferiore, è quello della Td Group spa, un’azienda pisana di software che a inizio 2011 mostra segni di crisi e la cui posizione viene passata da “sotto controllo” a “incaglio”. La società presenta ai creditori (tra cui Popolare Etruria) un piano di risanamento aziendale redatto dallo studio associato Nataloni, piano che verrà dallo stesso più volte integrato e modificato in corso d’opera. Dalle carte risulta come durante le trattative tra Td Group e le banche creditrici Nataloni “si muoveva solo nella difesa dell’interesse del proprio cliente”, comportamento duramente stigmatizzato e ritenuto “ingiustificabile” visto il ruolo ricoperto nella banca dal commercialista toscano.

Secondo il commissario liquidatore della banca, il conflitto d’interessi di Nataloni è “reale e non solo una questione di opportunità”, in quanto attraverso il suo studio “seguiva le aziende clienti nella fase di ristrutturazione dei debiti che le società avevano contratto con Popolare Etruria” e, al fine di ottenere i migliori risultati possibili, tentava “di convincere i pool di banche creditrici (tra cui Etruria) a cedere alle richieste finanziarie delle sue clienti”. Le aziende debitrici di Popolare Etruria e al tempo stesso clienti del commercialista-consigliere “indipendente” sono ben 16: tutte società che “hanno richiesto nel corso degli anni finanziamenti (tutti con scarsissime possibilità di rientro da parte della banca) chiedendo poi ristrutturazioni o rinegoziazioni mediante piani elaborati da Nataloni”, si legge nell’atto di citazione. Ma non basta: Nataloni ha giocato anche in proprio, facendo finanziare società in cui ricopriva incarichi e delle quali era azionista diretto o indiretto (è il caso ad esempio della Finanza per le Infrastrutture spa di cui era presidente e azionista di controllo attraverso un’altra società) partecipando peraltro “alle deliberazioni consiliari di erogazioni di credito della società in esame, nonostante il palese conflitto d’interessi in cui versava, violando ogni basilare regola di comportamento prescritta sia dal Testo unico bancario che dal codice civile”.

E vi è di più: in qualità di presidente del Comitato Rischi della banca, Nataloni si è opposto alla “mappatura di posizione” prevista dall’articolo 2391 del codice civile rilevando che questa “rischiava di ingessare l’attività dell’organo esecutivo anche per pratiche irrilevanti, soprattutto per quanto riguardava gli incarichi professionali svolti nei confronti dei clienti dagli esponenti dell’organo stesso”, posizione sulla quale si è accodato il Comitato. “La delibera – si legge nell’atto di citazione – riguardava dunque la particolare situazione proprio del dott. Nataloni la cui posizione è aggravata dal fatto che egli fosse il presidente, quale amministratore indipendente (!), del Comitato controllo e rischi, organo deliberante la decisione che andava palesemente a vantaggio dello stesso  e delle sue attività esterne alla banca”. Anche per questo il commissario liquidatore di Popolare Etruria chiede conto dei 19,2 milioni di perdite, oltre che a Nataloni, a tutti “gli amministratori in carica al momento della ristrutturazione o rinegoziazione dei crediti in favore delle aziende assistite dallo studio associato del dott. Nataloni”. L’elenco è lungo e comprende 16 soggetti tra cui gli ex presidenti Giuseppe Fornasari, Natalino Guerrini e Lorenzo Rosi e l’ex vicepresidente Pier Luigi Boschi.

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