Anche sul clima il presidente degli Stati Uniti Donald Trump mette la retromarcia. Non una sorpresa, ma è un nuovo cambio di rotta dopo che Washington aveva assicurato che l’accordo Cop21 non sarebbe stato modificato. In realtà il ragionamento, apparentemente, era solo parziale: “Gli Usa – ha rivelato il commissario europeo per clima e energia Miguel Arias Canete al Wall Street Journal – hanno dichiarato che non rinegozieranno l’accordo di Parigi ma proveranno a rivedere i termini con cui potrebbero essere coinvolti sotto quell’accordo”. Una dichiarazione arrivata dopo una riunione a Montreal sui cambiamenti climatici con oltre 30 ministri, promossa da Canada, Cina ed Unione Europea.

Al vertice ha partecipato anche una delegazione Usa guidata da Everett Eissenstat, vice assistente del presidente per gli affari economici internazionali. Proprio Eissenstat ha rivelato durante l’incontro il nuovo corso dell’ amministrazione americana. La Casa Bianca tiene a precisare che “non c’è stato alcun cambiamento nella posizione degli Stati Uniti sull’accordo di Parigi”. Ma poi ammette: “Come il presidente ha chiarito abbondantemente, gli Usa si ritireranno a meno che non possano rientrare con condizioni più favorevoli al nostro Paese”. Una conferma quindi dell’ipotesi di rinegoziare i termini che, come noto, non sono neppure vincolanti. Il dietrofront Usa potrebbe essere però solo una vittoria di Pirro per la comunità internazionale: se da un lato infatti Washington resterà nell’accordo, riconoscendone i principi di fondo ed evitando di creare precedenti per l’uscita di altri Paesi, dall’altra punterà ad aumentare sensibilmente i tetti delle emissioni, in linea quindi con l’obiettivo di Trump di strappare “termini più equi”, che non compromettano lo sviluppo economico ed occupazionale del Paese.

Dopo mesi di divisioni dentro l’amministrazione, il tycoon aveva annunciato il primo giugno in diretta mondiale dal Rose Garden della Casa Bianca l’uscita dall’accordo di Parigi, mantenendo una delle sue promesse elettorali ma sollevando un coro di critiche nel Paese (compresa la Silicon Valley) e a livello internazionale (inclusi Putin e Papa Francesco). Per Trump quell’accordo minava addirittura la sovranità nazionale e gli obiettivi delle emissioni negoziati da Barack Obama non erano realistici per gli Usa, favorendo invece Paesi come la Cina e l’India. Insomma, una intesa non in linea col suo principio faro, quello dell’America First.

Il presidente statunitense aveva ventilato l’ipotesi di rinegoziare l’accordo stesso, ma la possibilità era stata respinta all’unanimità dalla comunità internazionale. Nei mesi successivi però Trump aveva subito forti pressioni, in particolare dal presidente francese Emmanuel Macron, che ha promosso un nuovo vertice sull’accordo per mercoledì prossimo a margine dell’assemblea generale dell’Onu. “Qualcosa potrebbe succedere…” aveva detto sibillino Trump dopo averlo incontrato in Europa. Infine l’incontro di Montreal che Canada, Cina e Ue hanno voluto per tenere alta la guardia sull’accordo di Parigi. Evidentemente la Casa Bianca, forse anche dopo i danni dei due recenti uragani che hanno devastato alcuni suoi Stati sudorientali, ritiene più conveniente restare dentro l’accordo se può aumentare i tetti delle emissioni. Anche perché per uscire dall’intesa occorrono almeno tre anni, quando Trump finirà il suo mandato alla Casa Bianca.

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