“L’Italia chiuda i suoi porti“, consiglia l’Ungheria. E ipotizza: se Austria e Germania ripristineranno i controlli ai confini, tutti i migranti che arrivano da sud resteranno in Italia. “No alle minacce e alle improbabili lezioni“, replica Paolo Gentiloni. Sale la tensione tra Roma e i Paesi che in Europa si rifiutano di collaborare nel ricollocamento e nell’accoglienza dei richiedenti asilo: giovedì era stato il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz a chiedere di “interrompere i trasferimenti dei migranti da Lampedusa.

 

Di fronte ai flussi di migranti in arrivo dal mar Mediterraneo, Roma ha due opzioni: “chiudere” i porti o accettare l’assistenza europea che però è inefficace, ha detto il premier ungherese Viktor Orban in un’intervista a Kossuth Radio, ripresa dal sito ufficiale del governo. Orban ha chiesto una divisione razionale dei compiti all’interno dell’Ue, affermando che Bruxelles non possa fermare i flussi di migranti: “Non abbiamo bisogno di una politica comune europea sui migranti, e non abbiamo bisogno di un’agenzia comune europea per i migranti, perché porteranno soltanto caos, difficoltà e sofferenza”.

Il premier ungherese ha anche dichiarato che i Paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio italiano, in cui si dicono d’accordo sul fatto che i flussi debbano essere interrotti in Libia. “Una nazione che non è capace di difendere i suoi interessi non è una nazione, nemmeno esiste, e scomparirà“, ha affermato ancora Orban nell’intervista.

“Dai nostri vicini, dai Paesi che condividono il progetto europeo abbiamo diritto di pretendere solidarietà – la risposta di Gentiloni – non accettiamo lezioni né parole minacciose. Serenamente ci limitiamo a dire che noi facciamo il nostro dovere e pretendiamo che l’Europa faccia il proprio senza darci improbabili lezioni”.

Il punto è che l’Italia considera un atteggiamento solidale la partecipazione di tutti gli Stati Ue al ricollocamento dei richiedenti asilo, mentre i Paesi di Visegrad offrono al massimo aiuto di tipo economico. “I Paesi del V4 sono pronti a contribuire in modo significativo – si legge nella lettera inviata al premier italiano a metà settimana, dopo una riunione a Budapest – con contributi finanziari e di altro genere, in linea col nostro approccio generale e le nostre capacità nazionali, escludendo azioni o strumenti che potrebbero creare ulteriori e più forti fattori attrattivi (pull factor) per la migrazione, specialmente ricollocamenti o meccanismi obbligatori di ridistribuzione automatica (come le quote ipotizzate a partire dal 015 dalla Commissione Ue, ndr)”, scrivono i premier ceco Bohuslav Sobotka, slovacco Robert Fico, ungherese Orban e polacco Beata Szydlo.

Nel documento i quattro Paesi ribadiscono la necessità che “i veri richiedenti asilo” siano “identificati prima di entrare in Ue” e dettagliano i contributi che sono pronti a dare. Quindi contribuiti “alle attività Ue alle frontiere meridionali della Libia, su richiesta; ad organizzare, proteggere e creare condizioni di vita umana negli hotspot fuori dai territori Ue; ad addestrare i guardacoste libici; a rafforzare le capacità dell’Ufficio per l’asilo europeo (Easo); e per il Codice di condotta delle Ong.

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