“Sono stato infastidito dai silenzi e dagli attacchi dei media. Ma era nostro dovere pubblicare”. Così il giornalista del Fatto Marco Lillo, presentando a Roma il suo libro “Di padre in figlio. Le carte inedite sul caso Consip e il Giglio magico di Matteo Renzi“, è tornato a rivendicare quanto scritto in merito all’intercettazione tra l’ex premier e il padre Tiziano. “A prescindere se le notizie siano depositate o meno dalle procure, è nostro dovere pubblicare e ricercare le notizie di interesse pubblico. Fosse anche un’intercettazione ritenuta penalmente non rilevante, è sicuramente rilevante per la pubblica opinione. Per questo era giusto pubblicarla”, ha spiegato Lillo. 

Dopo la pubblicazione, Renzi ha attaccato il Fatto e Lillo, senza però entrare nel merito del contenuto, né spiegare alcuni passaggi, compreso il virgolettato più interessante del colloquio telefonico intercettato con suo padre. Ovvero, quando Matteo Renzi dice: “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro”. Non è un caso che Lillo torni a sfidare lo stesso Renzi a un dibattito tv: “Matteo risponde soltanto su Twitter alle domande blande, ma noi siamo pronti a un confronto pubblico, anche se dubito accetterà mai”. Per poi aggiungere: “Mi ha fatto impressione l’unanimità degli altri media, dal Tg1 al Tg5, al Giornale di Berlusconi fino all’Unità: tutti concordi nell’attaccare chi ha fatto le indagini, chi pubblica le notizie, piuttosto che chi ha fatto determinate cose”, ha concluso Lillo. 

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