Una giornata tipo nell’era elettromagnetica: lasciato sul comodino come amuleto (beh, dovesse mancarci la reperibilità pure di notte), sveglia con simultaneo controllo dello smarthpone (ci accompagnerà tutto il giorno, pronto all’uso sul taschino all’altezza del cuore o più generalmente in tasca nei pantaloni, a livello genitali).

Attivazione dell’allarme domestico prima di uscire di casa (ovvio, con sensori a microonde e due/tre batterie in funzione h24). Poi di corsa verso l’ufficio, alla guida di un auto con amplificazione bluetooth e Wi-Fi, trafitta nel traffico dalle irradiazioni di ubiquitarie antenne di telefonia mobile, pure di potenza Wi-Max (risultato? una gabbia di Faraday in movimento), con sosta rituale per una colazione al bar, locale “Wi-Fi Free Zone” per non scontentare la clientela.

In cassa, pagamento con bancomat o carta di debito di ultima generazione, sistema contactless (altre onde, altro che smart). Il figlio lasciato a scuola dove Renzi c’ha piazzato l’immancabile radiofrequenza pulsata del segnale Wi-Fi (sta pure all’asilo, tradotto 6 ore tra i banchi per 5 giorni a settimana, 36 settimane l’anno, per 12 anni fino all’università dove – caspita, certo che anche lì – ci sarà un’ulteriore dose di elettromagnetismo, fanno la bellezza di 12.960 ore di esposizione alle microonde WLAN e Wi-Fi dei nostri figli: che vita globale).

Vabbè, in ufficio sulla scrivania al lavoro per 7-8 ore davanti al pc, in un groviglio senza fili dove tutto è connesso col server in modalità wireless (tra poco pure i water, ne hanno già progettati wireless per l’analisi delle urine in tempo reale col laboratorio!), al netto della miriade di cellulari, tablet e grovigli tecnologici vari in dotazione ai nostri colleghi. Infine ritorno a casa, nello slalom di antenna selvaggia col tragitto macchina-ripetitori di telefonia percorso al contrario.

Giunti nel calduccio delle quattro mura, col pargolo una partitina multimediale con la Nintendo Wii (per non farci mancare niente). Quindi cena frugale in famiglia (Wi-Fi domestico attivato anche quando non serve e cordless per chiamate domestiche). E di notte a dormire su un bel letto in ferro, magari con rete in metallo e materasso sintetico in lattice (a far da risonanza). E il giorno dopo si ricomincia. E avanti ancora così, per chissà quanti altri anni. Come se fosse normale. Tanto non si rischia nulla. Ma poi?

“E’ arrivato il momento di sostituire il solito ritornello ‘non ci sono prove certe del rischio’ con ‘è tempo di riconoscere il pericolo e agire di conseguenza’. Sono tanti i passi necessari per cambiare”. Martin Blank (docente della Columbia University e consulente d’elettrosmog per Parlamento canadese e Corte suprema federale brasiliana) da oltre trent’anni studia gli effetti (non termici) sulla salute dei campi elettromagnetici: ha fatto parte del BioInitiative Group (conclusioni adottate dall’Unione europea nel nome del Principio di precauzione, considerati obsoleti gli attuali standard di sicurezza) e ora sbarca in libreria nell’edizione italiana di ‘Troppo connessi? Le verità scientifiche sui pericoli delle radiazioni elettromagnetiche per la nostra salute’ (Macro edizioni).

I contenuti di questo libro, sconosciuti alla stragrande maggioranza di utenti che ignorano gli effetti biologici di onde non ionizzanti e campi elettromagnetici generalmente (chissà poi perché?) ritenuti innocui, dovrebbero stare in dotazione alla strumentazione senza fili (Hi-Tech) al momento dell’acquisto, come una guida all’uso moderato e consapevole.

“E’ ormai generalmente accettato che venga posto un limite all’esposizione della popolazione – afferma l’autore, parafrasando l’arcano dubbio sulla nocività o meno del tabacco (ricordate? Come per l’amianto, oggi universalmente riconosciuta sulla pelle delle vittime) nel denunciare (tra gli altri) i conflitti d’interesse dello studio elettroscettico Interphone nel business della scienza che si occupa dei Cem – ma le aziende produttrici esercitano grandi pressioni”.

Con stile scientifico ma divulgativo, Blank illustra le evidenze validate dal mondo medico-scientifico, tracciando norme di condotta precauzionali in un percorso “che possiamo fare nel nostro quotidiano per ridurre l’esposizione”. Consiglio spassionato: da leggere.

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