Pronto soccorso Alfano per Mediaset, mentre Silvio Berlusconi getta acqua sul fuoco e si stringe al governo Gentiloni. “Ho espresso al collega Ayrault la forte preoccupazione del governo italiano per quanto riguarda un’operazione che dovrà essere valutata dalle autorità preposte. Abbiamo grande rispetto delle regole del mercato e pretendiamo altrettanto rispetto dalle regole del mercato”. Alla vigilia del voto parlamentare sul Salvarisparmio, il neo-ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha così approfittato di un incontro a Parigi con l’omologo francese Jean-Marc Ayrault, per entrare nel merito della scalata francese a Mediaset. “È una vicenda che investe il sistema Italia nel suo complesso e non solo un’azienda privata“, ha aggiunto.

La butta invece sul ridere Berlusconi: “Vuole che alla mia età ci sia qualcosa che ancora mi preoccupi?”, ha detto l’ex presidente del Consiglio ai giornalisti che gli chiedevano se fosse preoccupato della scalata dei francesi all’azienda di famiglia. “Pensiamo che molti soci vogliano difendere il principio di italianità del primo gruppo di comunicazione del Paese. Per questo sono abbastanza sereno”, ha poi aggiunto. Non senza stringersi al nuovo governo alla vigilia di un difficile voto, quello parlamentare sull’autorizzazione a un indebitamento extra di 20 miliardi a sostegno del sistema bancario, per il quale serve la maggioranza assoluta. “Noi ci siamo su tutto, a partire da Mps. E’ un peccato se dovesse finire male. Io sono legato a quella banca, è stata la prima a concedermi un mutuo”, ha garantito Berlusconi a Paolo Gentiloni allo scambio di auguri al Quirinale. “Il Monte Paschi di Siena va assolutamente salvato, checché ne dica l’Europa, altrimenti sarebbe un disastro per il Paese, per il sistema Italia. Dobbiamo salvarlo”, ha poi detto a scanso di equivoci.

Parole come il miele per il premier, che ben avranno compensato l’effetto delle dichiarazioni decisamente inusuali del ministro degli Esteri al suo esordio parigino. Fino a prova contraria l’acquisto delle quote di Mediaset da parte dei francesi di Vivendi, che lunedì hanno annunciato l’intenzione di salire al 30% di Cologno Monzese – mossa che condizionerà l’azionista di controllo Fininvest obbligandolo ad avere il via del socio transalpino per ogni delibera straordinaria – è avvenuto proprio nel rispetto delle regole di mercato. Diverso ovviamente sarebbe il discorso nel caso in cui la magistratura o la Consob, che sono state investite del caso dalla stessa holding della famiglia Berlusconi, provassero che gli acquisti delle azioni Mediaset sono stati effettuati in violazione delle regole. In particolare la tesi di Fininvest è che la società che fa capo a Vincent Bolloré abbia commesso un aggiotaggio da manuale prima deprimendo il titolo Mediaset con l’affaire Premium e poi approfittando dei bassi corsi di mercato per comprare a piene mani.

Tutto ancora da dimostrare, però. Così come è tutto da dimostrare che siamo davanti a un’operazione “che dovrà essere valutata dalle autorità preposte”, come sostiene Alfano. Vivendi secondo gli ultimi aggiornamenti è al 25,75% del capitale di Mediaset e ne detiene il 26,77% dei diritti di voto, ma al momento non ha lanciato alcuna Offerta pubblica d’acquisto sul gruppo italiano e non sembra intenzionata a farlo, tanto più che gli effetti della scalata sul titolo delle tv berlusconiane hanno reso l’operazione piuttosto costosa: soltanto martedì il titolo di Cologno ha registrato un balzo del 23,33% a 4,44 euro. Quindi fino a quando Fininvest resterà il socio di controllo di Mediaset, non si verrà a creare nessuna concentrazione tra Cologno e l’altra partecipata delle telecomunicazioni dei francesi, Telecom Italia. Eventualità che, causa legge Gasparri, chiamerebbe in campo il garante delle Telecomunicazioni che nei giorni scorsi si è premurato di ricordare in anticipo le regole del gioco ai francesi.

Non la pensa così il cda di Mediaset che martedì “a fronte dei gravi danni subiti dalla società e da tutti gli azionisti a seguito della mancata esecuzione del contratto vincolante firmato l’8 aprile 2016 con Vivendi” e “alla luce dell’ostile presa di partecipazione da parte di Vivendi nel capitale di Mediaset in un evidente disegno unitario elaborato nel tempo”, contesta tra il resto “la coerenza delle autonome decisioni di Vivendi di acquisto di azioni Mediaset con la partnership strategica e industriale tra Mediaset e Vivendi disciplinata nel contratto vincolante” in aprile in cui Vivendi “si è resa volontariamente inadempiente”. Il Cda Mediaset poi “contesta la fuorviante rappresentazione di Vivendi secondo cui il contratto dell’8 aprile 2016 prevede un acquisto da parte di Vivendi di una partecipazione nel capitale sociale di Mediaset”, quando invece c’era solo “uno scambio concordato, bilanciato e paritario di partecipazioni” (il 3,5%), funzionale unicamente alla partnership industriale. L’accordo, ricorda ancora Mediaset in una nota, vieta a Vivendi di acquistare azioni Mediaset oltre il 5%. Rispetto invece alle ambizioni di Vivendi e ai suoi piani, il gruppo televisivo di Cologno Monzese segnala che “sono ignoti a Mediaset e al mercato, e le modalità con le quali Vivendi agisce impongono ancora di più al Consiglio di Amministrazione di Mediaset di adottare ogni misura e iniziativa a tutela dei propri asset, del proprio avviamento e della propria strategia”.

Cologno ha quindi deliberato “che le iniziative legali in corso proseguano secondo i tempi stabiliti”. Ma soprattutto ha deciso di presentare un esposto all’Agcom in cui si segnala “l’illegittimità della condotta posta in essere da Vivendi in violazione della disciplina di settore e, in particolare, dell’ art. 43 comma 11 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, nonché il possibile ostacolo alle strategie di sviluppo di Mediaset in ragione del collegamento incrociato con Telecom Italia,  l’incumbent delle TLC, determinato dall’iniziativa di Vivendi”. Nell’esposto si richiedono interventi anche in via provvisoria e di urgenza. In particolare la società cita ipotesi non delineate dall’Agcom giovedì scorso nel suo altolà preventivo ai francesi sottolineando che con la salita di Bolloré nel capitale di Cologno “si configura un rischio di paralisi delle attività di sviluppo industriale di Mediaset dovuto proprio all’ingresso di Vivendi in misura superiore al 10% (soglia che stabilisce il collegamento tra società quotate)”.

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