Le armi spuntate del governo difficilmente riusciranno a fermare Vincent Bolloré nella scalata a Mediaset. Così a dar man forte al governo Gentiloni e alle sue alleanze politiche scende in campo l’arbitro Agcom. L’autorità indipendente guidata da Angelo Cardani ha infatti ricordato ai cugini d’Oltralpe che, sulla base della legge Gasparri, potrebbero essere vietate operazioni volte a concentrare il controllo di Mediaset e Telecom Italia. Inoltre l’autorità – la stessa che non ha mosso un dito contro le nozze della berlusconiana Mondadori con la Rizzoli – ha promesso di “monitorarne gli effetti e verificare, attraverso una puntuale analisi giuridica ed economica, il rispetto della normativa vigente”. Legge che, però, non consente allo Stato di entrare nelle questioni di due società quotate. Tanto più in un momento in cui i paletti anti-concentrazione sono rispettati: Mediaset è controllata dalla famiglia Berlusconi e lo “scalatore” Vivendi, socio di riferimento Telecom, ha acquistato un pacchetto pari al 20%, quota non significativa nei termini della Gasparri. Difficile, quindi, se non impossibile interpretare l’intervento a gamba tesa dell’Agcom se non come un “processo alle intenzioni” su un tema caldo che è a metà fra politica ed economia. E che crea non poco imbarazzo e nervosismo nella maggioranza di Gentiloni.

“Il governo non può intervenire, nel senso che non può impedire una dinamica di mercato”, ha ammesso lo stesso ministro della giustizia Andrea Orlando. Ma cerca spunti per sostenere l’importanza dell’italianità di Mediaset che potrebbe essere salvata dagli attacchi francesi con “dei paletti come ha fatto il ministro Calenda” e con “strumenti di condizionamento”. L’esecutivo cerca insomma nuovi mezzi da usare per tutelare 20mila posti di lavoro e un settore delicato come quello della comunicazione. A parole è convinto che “su Mediaset si realizza un’unità nazionale a difesa dell’italianità di una azienda di comunicazione strategica” come ha precisato il presidente della Commissione Affari Esteri, Pier Ferdinando Casini. Nei fatti, però, lo strumento principe per difendere Mediaset dall’assalto straniero resta essenzialmente la norma contro la concentrazione di tv e telecomunicazioni rievocata da Agcom. Una “gran legge”, come l’ha definita il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che “fu concepita per tranquillizzare chi temeva uno strapotere di Mediaset”. E che oggi è garanzia per impedire una scalata impropria che parta dall’estero e che realizzi una concentrazione Vivendi-Telecom-Mediaset. Rido soddisfatto pensando agli imbecilli che l’hanno criticata. Concedo l’amnistia all’attuale presidente del Consiglio Gentiloni che la avversò, ma che adesso sono certo capirà quanto avessi ragione io e torto lui”.

A Parigi a far sorridere sono la Gasparri e la moral suasion dell’Agcom. Soprattutto se confrontate con le reazioni francesi, di ben altro tenore, ai tentativi di conquista di aziende considerate strategiche per l’interesse nazionale. All’Enel ricordano ancora quando, nel 2006, il numero uno Fulvio Conti tentò di acquistare invano Suez e l’esecutivo di Dominique de Villepin varò in 48 ore la fusione con la connazionale Gaz de France per bloccare le mire italiane. E anche a New york non hanno dimenticato come l’interesse di Pepsi per gli yogurt della Danone sia stato all’origine del nuovo “patriottismo economico” di Nicolas Sarkozy. Con tanto di legge ad hoc a difesa per ostacolare le scalate straniere.

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