Domenica 5 giugno entra in vigore il tanto discusso ddl Cirinnà (legge 76/2016) che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso (dal comma 1 al 35) e disciplina le convivenze di fatto etero o gay prive di vincoli giuridici (dal comma 36 al 67). Frutto di un lunghissimo compromesso tra le varie anime della politica italiana (è stato eliminato nel testo ogni riferimento a famiglia e alla stepchild adoption), la normativa risponde a esigenze molto diverse: nel primo caso si tratta, almeno per quanto riguarda il lato patrimoniale ed economico, di un matrimonio a tutti gli effetti. Per chi convive, invece, la legge delinea solo alcuni diritti di assistenza specifici. Per tutti gli altri aspetti legati al rapporto patrimoniale (ad esempio l’acquisto della casa, eventuali contributi economici in favore del partner più debole in caso di rottura ma anche il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli) ci si deve infatti rivolgere al notaio stipulando un contratto di convivenzagià disciplinato da novembre 2013 dal Consiglio nazionale del Notariato, che può essere sciolto o modificato in ogni momento.
Ecco le principali novità e cosa cambia nella vita di tutti i giorni dal punto di vista economico.

Come formalizzare l’unione civile e la convivenza – L’unione civile deve essere registrata davanti a un pubblico ufficiale alla presenza di due testimoni e il documento sarà registrato nell’archivio di stato civile. Ma per celebrare le prime unioni occorre aspettare almeno il 30 giugno, giorno ultimo per l’emanazione del decreto ad hoc che darà tutte le indicazioni. I due partner possono decidere di utilizzare un cognome comune. Le uniche differenze con il matrimonio, tralasciando ovviamente il dibattutissimo capitolo sulle adozioni, sono l’assenza delle pubblicazioni e la mancanza dell’obbligo di fedeltà. Quindi eventuali relazioni esterne alla coppia non potranno essere chiamate in causa nel caso in cui uno dei due partner chieda lo scioglimento.

Istituzionalizzare la convivenza è possibile già da anni: basta andare all’ufficio dell’Anagrafe comunale e presentare il modello di dichiarazione di residenza specificando che si tratta di “Convivenza per vincoli affettivi”. Chi compila il modulo è il “soggetto che dirige la convivenza”, che termina con il cessare della coabitazione.

Rapporti patrimoniali – Se non si decide per la separazione dei beni, con l’unione civile la comunione è automatica. I partner devono comunque contribuire all‘assistenza morale e materiale in relazione alla propria capacità lavorativa. Molti altri diritti del matrimonio vengono estesi alle coppie gay: congedi parentali, contratti collettivi di lavoro, detrazioni per il coniuge (vale a dire uno sconto sulle tasse che si ha ogni mese sulla busta paga), possibilità di usufruire di 3 giorni di permesso al mese per assistere il coniuge con handicap grave (Legge 104/92) e agevolazioni nelle graduatorie dell’asilo nido se si hanno dei figli. Resta però rigorosamente esclusa l’adozione di bambini esterni alla coppia.

Più complicato è, invece, il caso delle convivenze di fatto: la politica non le ha volute caricare di troppi obblighi, con la spiegazione che coloro che vogliono una regolamentazione più stringente possono ricorrere al matrimonio o alle unioni civili. C’è tuttavia la possibilità di ricorrere al contratto di convivenza. Il notaio, spiega il Notariato, “può cucire addosso alle specifiche esigenze un documento per disciplinare i diversi aspetti patrimoniali, consentendo di tutelare in questo modo, nero su bianco, la parte debole della coppia”. Si tratta, in particolare, delle modalità di partecipazione alle spese comuni, dei criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza, delle modalità di uso della casa (che sia di proprietà o in affitto), della definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza per evitare, nel momento della rottura, discussioni e rivendicazioni, della facoltà di assistenza reciproca in tutti i casi di malattia fisica o psichica (o qualora la capacità di intendere e di volere di una delle parti risulti comunque compromessa), o la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.

Malattia – I partner dell’unione civile sono riconosciuti come veri e propri coniugi in caso di malattia e ricovero e in caso di morte.

Casa e mutuo – Giuridicamente quando si tratta di acquistare un immobile e di pagare le rate alla banca, con le unioni civili si hanno gli stessi effetti del matrimonio. E’ il codice civile che regola gli atti relativi alla compravendita e alla sottoscrizione del mutuo cointestato: ciascun partner, oltre alla propria quota di interessi passivi, potrà detrarre il 100% nel caso in cui abbia in carico a livello fiscale il proprio compagno. La nuova legge offrirà anche maggiori possibilità di accendere un mutuo, perché sarà la coppia a poter fornire le garanzie e non più la persona singola come succedeva prima. Come del resto, in caso di mancato rispetto del pagamento delle rate, il creditore si potrà rifare sulla coppia. Sul fronte dell’affitto, se l’inquilino muore o recede dalla locazione della casa dove la coppia ha la residenza comune, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

Per quanto riguarda le coppie di fatto, le novità importanti sono due: il diritto di accedere come coppia alla graduatoria delle case popolari e la possibilità di continuare a vivere nella casa comune in caso di morte del compagno. Se il proprietario della casa di residenza viene a mancare, il convivente può continuare a usufruire dell’abitazione per un periodo tra i due e i cinque anni. Nel caso di figli minori o figli disabili del convivente superstite, quest’ultimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Questo dovrebbe mettere la parola fine al dramma vissuto dai partner superstiti cacciati di casa dagli eredi per mettere subito in vendita l’immobile.

Il divorzio – Per le coppie unite civilmente manca il periodo di separazione: basterà che un solo partner presenti una comunicazione all’ufficiale di stato civile contenente la volontà di sciogliere l’unione. Dopo tre mesi dalla presentazione della comunicazione si potrà chiedere il divorzio per via giudiziale, attraverso la negoziazione assistita, o con un accordo sottoscritto davanti all’ufficiale di stato civile. In caso di divorzio, il partner più debole avrà diritto agli alimenti, oltre che all’assegnazione della casa.

Anche per i conviventi c’è una novità: è stato introdotto un limitato diritto agli alimenti. Nel caso un partner versi in stato di indigenza, il giudice può obbligare l’altro ad aiutarlo per un tempo proporzionale alla durata del rapporto e nelle misure determinate dal codice civile.

Morte – Le unioni civili stabiliscono tutta una serie di tutele per i due partner, che sono considerati eredi al pari di un coniuge anche nella suddivisione della quote della casa. Così, oltre a garantire la pensione di reversibilità, il partner superstite avrà diritto al Tfr dell’altro e anche all’eredità per la quota di legittima (quella prevista per i coniugi nel matrimonio), vale a dire il 50% del lascito, mentre l’altra metà va agli eventuali figli.

Anche i conviventi acquisiscono più diritti: se designati dal partner, possono decidere su cure mediche, donazione degli organi e celebrazioni funebri. In caso di morte per incidente o reato, hanno inoltre diritto allo stesso risarcimento che avrebbero se fossero stati sposati. Nulla, invece, gli è dovuto sul fronte economico: non avranno reversibilità, Tfr o eredità a meno che nel testamento non abbiano disposto che la quota disponibile vada al compagno.

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