C’è il referendum sulle trivelle, l’importante è non dirlo. Meno che mai al Tg del servizio pubblico: tra il 4 e il 10 aprile la Rai si è fermata a 8 ore e 59 minuti,  e in particolare il Tg1 a 13 minuti. E’ polemica sugli spazi tv dedicati alla consultazione del prossimo 17 aprile, quando manca una manciata di giorni all’appuntamento degli italiani che sono chiamati a decidere se ratificare le scelte del governo sulle concessioni perenni alle multinazionali o fermare quella decisione, lasciando che le piattaforme entro le 12 miglia scadano secondo il contratto tra lo Stato e le compagnie. Una mancanza di informazione che è stata messa in luce oggi da La Stampa e investe più di tutti il servizio pubblico che, in quanto tale, dovrebbe offrire il massimo di informazione e invece – anche in questa occasione – sembra piuttosto andare a ruota di altre reti, offrendo notizie e servizi col contagocce. La questione sarà sollevata dal consigliere di minoranza Carlo Freccero nel cda del 20 aprile: “Dobbiamo verificare quei dati ma è verissimo che il servizio pubblico non ha dato al referendum l’attenzione necessaria. L’ho notato anche io e la cosa è molto grave, sopratutto se questa distrazione collima con la posizione del governo”.

A misurare gli spazi dedicati al referendum per conto dell’Agcom è Greca Italia, media research company che fa questo di mestiere. Ebbene, dalle rilevazioni è emerso che fino al 10 aprile scorso la rete televisiva che più di tutte ha dato risalto al tema delle trivellazioni è stata La7 con 11ore, 34 minuti e 45 secondi. Oltre due ore in più rispetto alla Rai che si è fermata a 8 ore e 59minuti e addirittura 5 volte di più rispetto alle reti Mediaset. Dai dati disaggregati di questa tornata, dicono gli analisti, i volumi e i contenitori informativi si sono ulteriormente assottigliati. Nelle pieghe dei dati riportati da La Stampa emerge che il pozzo nero dell’informazione ha colpito non tanto o solo gli spazi delle reti generaliste quanto i telegiornali nelle fasce di maggior ascolto. Secondo i dati tra i Tg Rai, Tg2 e Tg3 nonostante il minor numero di edizioni informano molto di più rispetto al telegiornale principale.

Tutte le edizioni del Tg1 hanno riservato al tema del quesito referendari nella settimana che precede il voto – cioè dal 4 al 10 aprile – solo 13 minuti e 28 secondi e cioè meno delle settimane precedenti. I tre principali tg della Rai hanno parlato del tema solo per 53 minuti nella settimana appena conclusa, meno di quella precedente. In buona sostanza più: ci si avvicinava all’appuntamento e più gli spazi per comunicarlo si stringevano. Chi se si è perso quegli slot d’informazione, non amando gli italiani la carta stampata, ne saprà poco o nulla e andrà fatalmente ad aumentare la quota degli astenuti. E qui sta il nodo della questione. Perché la Rai, servizio pubblico, sembra aver assecondato la linea del governo (che ne nomina i vertici) e il Pd hanno fatto una campagna per l’astensione. Il premier in persona ha più volte auspicato il fallimento del referendum (lo ha fatto ancora giovedì, a tre giorni dalla consultazione), tifando esplicitamente perché gli italiani disertino le urne. Una coincidenza o una scelta di assecondare l’esecutivo? Con questi numeri sarà naturale per i promotori della consultazione gridare al bavaglio. Il direttore Mario Orfeo, contattato da Ilfattoquotidiano.it, contesta i dati: “Non tengono conto degli spazi del tg all’interno di Uno mattina e Tv7 che naturalmente alzano di molto il tempo in cui ci siamo occupati del referendum, per altro in sostanziale equilibrio delle parti. Quindi è uno studio su dati parziali“.

Del resto a passare è proprio la linea del governo che punta all’astensione, non alla vittoria del “no”. Perfino i trivellatori più convinti, infatti, hanno notato e lamentano l’assenza del servizio pubblico. Il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, ad esempio, racconta di essere stato invitato una volta sola in Rai, ad Agorà, mentre ha ricevuto ben 4 inviti da La7. “Siamo quattro a uno, non lo dico per protagonismo ma perché è evidente che il servizio pubblico televisivo abbia dato una scarsa attenzione all’appuntamento, solo in parte compensata dagli approfondimenti puntuali e sistematici che la radio ha dedicato al tema”. Né può essere una attenuante la circostanza per cui altre reti, come SkyTg24 o abbiano colmato quel vuoto. Secondo La Stampa la questione, se sarà colta nelle sue implicazioni, avrà un peso nel dibattito sul rinnovo della concessione del servizio pubblico.

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