Davanti al giudice ha proclamato la sua innocenza, giurando anche sui suoi due figli. Respinge tutte le accuse Fausta Bonino, l’infermiera di 55 anni arrestata perché accusata dell’omicidio di 13 pazienti ricoverati all’ospedale di Piombino e morti nell’arco di un anno e mezzo, secondo gli inquirenti, per l’iniezione di Eparina, un’anticoagulante. Ma per l’avvocato dell’infermiera, Cesarina Barghini, “se c’è un killer in giro è ancora libero e ciò è inquietante” perché “gli inquirenti cesarina barghinisono stati abilmente depistati“. La Bonino è stata interrogata in carcere, a Pisa, dal gip Antonio Pirato, cioè il giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, motivandola con il rischio di inquinamento delle prove e soprattutto di reiterazione del reato. “La mia assistita – ha aggiunto la legale – è innocente e lo dimostrerà. Ha sempre svolto il suo lavoro correttamente e adesso si trova a dover rispondere di accuse infamanti”. La difesa dell’infermiera ha chiesto la scarcerazione a favore dell’applicazione degli arresti domiciliari, sulla quale il gip si è riservato prima di decidere. Perché i domiciliari se è innocente? “Per garantire l’incolumità della mia assistita – dice la Barghini – che è stata dipinta in questi giorni come un mostro. Io stessa ho ricevuto minacce sui social network e mi è stato augurato di ricevere iniezioni letali di eparina”.

La linea difensiva è un’operazione di azzeramento totale del racconto degli inquirenti, i carabinieri del Nas. Innanzitutto la Bonino non beve e non soffre di patologie psichiatriche. Soffre solo di epilessia, “patologia per la quale è in cura da oltre un decennio, non trasforma le persone in mostri omicidi“. E’ innocente, un capro espiatorio. L’unica persona indagata, il cui unico indizio a carico è che fosse a lavorare nei turni in cui sono morte quelle 13 persone. “Auspichiamo – ha aggiunto – che la procura diriga anche altrove la sua attenzione e anche noi con le nostre indagini difensive cercheremo di colmare le lacune dell’inchiesta, ma abbiamo poteri limitati. La Procura se vuole può fare di più”. Per questo il “killer” è ancora fuori, secondo l’avvocato. Secondo l’avvocato “serviranno anche investigazioni difensive da parte nostra per correggere gli errori commessi“, insomma “all’americana”. Tra le circostanze da chiarire, secondo la Barghini, perché “non è stato fatto il solfato di protamina, un antidoto che ha effetto immediato su qualunque emorragia”.

L’infermiera, insomma, è finita al centro di questa vicenda “e nel tritacarne mediatico perché gli inquirenti sono stati abilmente depistati e la procura non ha seguito nessun’altra pista alternativa”. La Bonino è diventata il capro espiatorio perché “era il soggetto più debole e più facile da colpire da chi aveva interesse a coprire determinate lacune o inadempienze“. Tra queste, secondo l’avvocato, c’è che la Procura e i carabinieri hanno scelto di “non impiegare le telecamere in reparto per queste indagini. Se ci fossero state si sarebbero potute salvare tre persone ed evitare tre decessi”. “Ho fatto notare questo aspetto anche oggi – ha aggiunto la Barghini parlando con i giornalisti – ma gli inquirenti non hanno replicato”.

La Procura, che si è riservata di dare un parere sui domiciliari entro 48 ore, non si smuove dalla propria tesi. Il procuratore capo Ettore Squillace Greco spiega piuttosto che “ci sono altre segnalazioni che andranno valutate. Se ci siano o meno precise denunce non posso rispondere”. Le indagini stanno proseguendo a 360 gradi, con interrogatori di familiari, parenti e amici delle vittime e tutte le persone potenzialmente informate sui fatti.

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