Un movimento transnazionale che parta dall’Europa per poi irradiarsi nei singoli stati membri. L’ex ministro delle finanze di Atene, Yanis Varoufakis, torna in pista. Poco prima di Natale aveva dato vita all’iniziativa del “1001”, un gruppo di giovani e meno giovani con l’obiettivo di dare una scossa all’Ue. Oggi annuncia, dalle colonne del quotidiano tedesco Neues Deutschland, che “bisogna salvare l’Europa dagli artigli di chi sbaglia”. E cerchia in rosso la data del prossimo 9 febbraio, quando proprio nella capitale tedesca nascerà Democrazia nel Movimento Europeo 2025 (Diem 2025).

Lo definisce un movimento teso a raggruppare i partiti di sinistra europei. Perchè Berlino? Perché incarna l’austerità dell’Unione e da lì plasticamente nascerà la cosiddetta terza alternativa contro “le false strategie politiche e sociali, l’egoismo nazionalista e le istituzioni comunitarie che funzionano in maniera non democratica”. La meta è un “internazionalismo radicale”, che combatta “la vecchia politica di piattaforme nazionali con alleanze su scala europea”. Il suo cruccio, così come nell’ultimo anno non ha mai mancato di evidenziare, è che le politiche orchestrate dalla Germania devono avere un limite: “Dobbiamo porre limiti all’esportazione nazionalista delle grandi potenze”.

La decisione si dice fosse in gestazione già il giorno dopo le sue dimissioni da ministro: erano le febbrili ore del post referendum greco, quando nonostante il 62% dei cittadini si fosse espresso contro le decisioni europee il premier Alexis Tsipras ha fatto marcia indietro dicendo sì al terzo memorandum e servendo la testa dell’economista su un piatto d’argento a Wolfgang Schaeuble e Angela Merkel.

Il vademecum del nuovo movimento è una sintesi delle posizioni assunte dal Varoufakis ministro nell’anno appena concluso, presenti tra l’altro all’interno del manifesto “Per un piano B in Europa” firmato anche dall’eurodeputato e cofondatore del Parti de Gauche in Francia, Jean-Luc Mélenchon, dall’ex viceministro dell’Economia italiano Stefano Fassina, dall’ex ministro tedesco e cofondatore di Die Linke, Oskar Lafontaine, e dall’allora presidente del Parlamento greco Zoe Konstantopoulou. Il riferimento è al fatto che l’ex ministro non poteva ammettere che la Grecia fosse in condizione di rimborsare il debito pubblico, per giunta accollandosene un altro, così come avevano fatto i suoi predecessori. Né che le riforme imposte dalla troika (e accettate da Tsipras ad agosto) fossero migliorative delle condizioni dei dieci milioni di cittadini greci.

Varoufakis alla luce del caso greco immagina quindi un’Europa ancorata ai Trattati firmati, che alla base hanno il cosiddetto patto solidaristico e non la svendita della sovranità, che per giunta non porta benessere. E da attuare tramite un internazionalismo radicale che si opponga alla politica che cammina su piattaforme nazionali, preferendo invece la strada dei sodalizi europei. Un passaggio che ha ribadito due giorni fa dalle colonne de El Diario. In una lunga intervista ha ripercorso idealmente i dodici mesi appena conclusi, drammatici per le sorti europee. L’Europa, sostiene, non può oggi far finta di non essere a conoscenza del fatto che tutte le decisioni importanti della zona euro sono prese in un consesso legalmente inesistente, l’Eurogruppo, che opera “come una società segreta“. E auspica che il 2016 sia un anno di consolidamento per le esigenze di democrazia nel vecchio continente. Per cui detta le linee guida di questa nuova esperienza: in primis avviare una ‘conversazione’, da far lievitare nel contesto di un movimento attivista, su ciò che deve essere fatto per democratizzare l’Unione. E un attimo dopo trovare la sintesi in ognuno degli stati membri sia con una forma partito sia con un’alleanza con partiti esistenti

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