E’ iniziata con le barricate tutti uniti “contro la nuova Costituzione piena di errori”, è finita con i gruppi di opposizione spaccati gli uni contro gli altri e con l’accordo governo-minoranza Pd. Passata una mattinata d’incertezza con i voti della maggioranza scesi fino a 143 (senza però incidenti di percorso), Matteo Renzi è riuscito a trovare un’intesa all’interno del partito sull’elezione del presidente della Repubblica spianando la strada all’approvazione del ddl Boschi. Si è spaccato invece il fronte dei contrari: dopo la proposta di inviare una lettera a Sergio Mattarella per denunciare il “deficit democratico”, il voto di 30 senatori Fi in linea con il governo a un emendamento ha spaccato la già debole “alleanza”.

Articolo 21 – L’Aula dopo le polemiche dei giorni scorsi ha superato lo scoglio dell’articolo 21 (161 voti a favore, 3 no, 5 astenuti). La minoranza dem ha ritirato tutti gli emendamenti ed è stato mantenuto il testo approvato dalla Camera che prevede, per l’elezione del Capo dello Stato, un quorum decrescente nei primi sei scrutini, mentre dei tre quinti dei votanti dal settimo, vincolando l’elezione all’accordo con le opposizioni. Si sono astenuti due esponenti di Ncd (Gaetano Quagliariello e Andrea Augello) che avevano chiesto una norma di chiusura “per evitare l’eventualità del Parlamento bloccato senza limite di tempo finché non si trova l’accordo”. La Lega Nord è uscita dall’Aula (“Il futuro Senato sarà albergo ad ore della politica italiana”), mentre il M5S non ha partecipato al voto (“Vogliamo guardarvi in faccia mentre uccidete la democrazia”).

Forza Italia vota con il governo – Le opposizioni che in un primo momento avevano promesso grandi battaglie insieme, non sono riuscite a mantenere una linea comune. Nel pomeriggio è scoppiato il caso di Forza ItaliaGli azzurri prima hanno annunciato di voler firmare la lettera per Mattarella, poi in 30 hanno dato una mano alla maggioranza votando in linea con il governo contro un emendamento dei dissidenti Pd. Sono le capriole di Forza Italia, un tempo a fianco di Matteo Renzi nel sostenere il ddl Boschi e ora, da quando il patto del Nazareno sembra essere stato rimesso in soffitta, di nuovo componente dell’opposizione. “Non c’è stato nessun salvataggio da Fi”, si sono affrettati a dire i democratici, “l’emendamento sarebbe stato bocciato in ogni modo”. Il capogruppo Paolo Romani ha rivendicato la scelta e poi specificato: “Non siamo stati determinanti”. Il nodo del contendere riguardava la dichiarazione di stato di guerra: la senatrice della minoranza democratica Nerina Dirindin ha presentato una proposta di modifica per precisare che fosse necessaria la maggioranza assoluta dei componenti dell’Aula per dare l’ok (e non semplicemente la maggioranza assoluta). Un emendamento poi respinto, ma con un voto trasversale: i contrari sono stati 165, i favorevoli 100. Quattordici dissidenti del Pd si sono espressi a favore, mentre 30 di Forza Italia contro, quindi con le carte rimescolate.

Accordo governo-minoranza Pd – L’intesa sull’elezione del Capo dello Stato è stata raggiunta dopo ore di incontri tra il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, il suo sottosegretario Luciano Pizzetti, la relatrice Anna Finocchiaro ed esponenti della minoranza. Sulla norma transitoria sui componenti del nuovo Senato, già motivo di rottura dentro la maggioranza, l’esecutivo presenterà un emendamento concordato con la minoranza. Il testo non è stato ancora preparato, ma secondo fonti parlamentari potrebbe essere previsto per le Regioni che andranno al voto, prima che la riforma sia entrata in vigore, di rispettare la modalità di elezione dell’articolo 2: dunque far scegliere ai cittadini i futuri senatori-consiglieri. La minoranza del Pd chiedeva che nella norma transitoria, all’articolo 39, fosse specificato che il Parlamento varasse entro un tempo definito la legge quadro per l’elezione dei futuri Senatori, e che i Consigli regionali varassero a loro volta entro tempi determinati, la normativa regionale. Il governo inizialmente voleva evitare questo ritocco all’articolo 39 ma oggi ha accettato la richiesta.

Articolo 27, maggioranza supera voto segreto con 153 sì – Il Senato ha approvato con 169 sì l’articolo 27, che modifica l’art.97 della Costituzione, introducendo il principio di trasparenza nell’amministrazione. Il presidente Grasso ha ammesso una votazione a scrutinio segreto sull’emendamento del leghista Roberto Calderoli, il 27.900, sul quale il governo si è rimesso all’aula: la modifica è stata respinta con 155 voti contrari, 75 voti favorevoli e 3 astensioni.

Maggioranza si abbassa fino a 143 voti
Nel frattempo se da una parte la maggioranza scende fino a quota 143 nella votazione di alcuni emendamenti (ma le opposizioni non ne approfittano), l’Aula sta andando spedita con l’approvazione degli articoli. L’ok è arrivato per il 12 (sulla decretazione d’urgenza), sul 13 (sulla promulgazione delle leggi), sul 14 (su amnistia e indulto) e sul 16 (inchieste parlamentari). In precedenza la maggioranza si era assottigliata, in particolare sugli scrutini segreti applicati ad alcuni emendamenti. Il picco minimo è arrivato con una proposta di modifica respinta da soli 143 no e peraltro con soli 9 voti di scarto (130 no e 4 astenuti che al Senato valgono voto contrario). Nelle votazioni dei giorni scorsi la maggioranza a sostegno delle riforme istituzionali era arrivata fino a 176 voti.

Articolo Precedente

Vincenzo D’Anna sospeso per gesti sessisti: “Farò lo sciopero della fame”

next
Articolo Successivo

Roma, Marino continua a negare le spese ma restituisce i soldi: “Pago tutto”

next