Trivelle-675

Il governo croato ha deciso di rimandare a dopo le elezioni l’approvazione finale dei decreti che autorizzano l’inizio delle attività  petrolifere, come riporta Bloomberg.

Vanno così – in sosta temporanea – i vari accordi fatti con Eni, Medoilgas/Rockhopper, Ina Industrija Nafte d.d., Oando Inc e Vermilion Energy per operazioni petrolifere sia sulla terraferma sia in mare. Il governo avrebbe dovuto approvare nove concessioni in terraferma e altre tredici in mare. Tutto posticipato.

Nel frattempo due delle concessioni rifiutate dal gruppo austriaco Omv e da quello americano Marathon Oil per cattiva definizione dei confini con il Montenegro, invece di essere state riassegnate, sono state cancellate in toto.

Perché hanno preso queste decisioni in Croazia? Perché i politici sono gli stessi in tutto il mondo: hanno paura della cattiva immagine se approvano le trivelle, e invece di correre il rischio di essere additati come anti-ambientalisti, dicono “ci pensiamo dopo”.

Il fatto di aver timore dei gruppi ambientali è confermato dallo stesso ministro dell’Economia Ivan Vrdoljak che a Bloomberg dice: “We don’t want these contracts, in which we put a lot of hard work, to become fodder in election campaign. We hope to win and sign the contracts in the first cabinet session”.

 E cioè neanche si vergogna a dire la verità. Aspetteranno il post-elezioni per approvare le concessioni petrolifere. Da come la vede la collega Barbara Doric, capo dell’ente nazionale per gli idrocarburi, sono in ballo 1,2 miliardi di dollari che potrebbero entrare nelle casse croate a partire dal 2020 e per 25 anni, perché il petrolio darà origine a -udite udite – lavoro presso i porti, per la costruzione di infrastrutture petrolifiere e per lo smaltimento rifiuti.

Certo, proprio quello che ci vuole per il turismo di Croazia, l’industria smaltimento dei rifiuti tossici petroliferi! E’ evidente che Barbara Doric non sa di quello che succede in tutti i posti dove arrivi l’industria del petrolio, da Galveston a Gela, da Viggiano a Cancer Alley. Magari petrolieri e investitori intascano soldi subito, ma sul lungo andare è sempre la stessa storia di morte e di disperazione per i residenti.

Barbara Doric non vede a lungo termine per la Croazia. Secondo lei gli investimenti serviranno, magicamente, a risollevare l’economia croata in crisi dopo sei anni di recessione e con un alto debito pubblico.

I petrolieri però fremono perché, ovviamente, vogliono i decreti ora e subito: della serie intaschiamoli adesso che i prezzi del petrolio sono bassi e c’è poca competizione, e poi buchiamo a nostro piacimento, quando magari i prezzi del greggio tornano alti. Questo almeno è la logica di Mathios Rigas, capo della ditta petrolifera greca Energean Oil and Gas SA: “Oil companies also don’t have time to wait for two or three years until a government makes a decision”.

Non è ancora noto quando si voterà in Croazia ma le date possibili sono una delle domeniche a partire dal 25 Ottobre 2015. In questo momento la Croazia è guidata dal gruppo social-democratico del primo ministro Zoran Milanovic.

I ritardi sulle concessioni sono già di sei mesi e ora i tempi si allungano ancora. La realpolitik vince ma, come dico sempre, niente succede a caso. Se la politica croata ha paura è solo perché il popolo ha fatto sentire la sua voce, il dissenso è cresciuto, e lo sanno anche loro. E’ il copione della vita di tutti gli attivisti: siamo noi, gente normale che ha messo questa paura. La realpolitik qui è stata guidata da realpeople che hanno protestato e si sono arrabbiati.

A parte gli enormi rischi ambientali e sociali, in Croazia c’è stato anche il modo antidemocratico in cui il governo ha deciso di aprire alle trivelle: con pochissime consultazioni con il pubblico, programmi fatti a casaccio e scarse certezze sulla sicurezza, sul come queste trivelle possano essere compatibili con il turismo.

E’ questa solo un altra puntata del petrolio in Adriatico, e certo la strada sarà ancora lunga, ma è un passo buono e giusto. Il fatto che aspettino dopo le elezioni mostra ancora una volta l’enorme potere che abbiamo come collettività se usiamo i nostri numeri bene e con intelligenza. Occorre solo continuare.

Qui le immagini di Cancer Alley, Louisiana, comunità petrolizzata da 50 anni. 

 

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