Venerdì scorso il referendum irlandese sull’approvazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso è passato con il 62,1% dei sì. Sessantaduevirgolauno. Non una maggioranza di misura, ma una maggioranza forte. Il primo ministro irlandese Enda Kenny ha subito gioito:

Dal segreto dell’urna il popolo irlandese ha fatto una dichiarazione pubblica. Con il voto di oggi abbiamo rivelato chi siamo. Siamo un popolo generoso, compassionevole, coraggioso e gioioso che ha detto sì all’inclusione, sì alla generosità, sì all’amore, sì al matrimonio gay.

Il momento è effettivamente storico, perchè – se si escludono alcuni Stati degli Stati Uniti, in cui però i referendum sono stati poi dichiarati incostituzionali dalle varie corti federali coinvolte nel contenzioso sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, com’è avvenuto ad esempio in California, come descritto bene in questo libro – l’Irlanda è il primo Paese al mondo a mettere il matrimonio gay al voto, aggiungendo una norma alla sua Costituzione che recita così:

Marriage may be contracted in accordance with law by two persons without distinction as to their sex.

Una mossa fisiologicamente pericolosa, perché è principio sacrosanto di teoria generale delle dinamiche costituzionali che i diritti fondamentali non si mettono al voto, in quanto la loro essenza è proteggere proprio coloro che la maggioranza vorrebbe invece fuori dall’agone politico. Ma tant’è, in Irlanda la politica si è assunta questo rischio e anche il cielo sembra aver celebrato la vittoria del sì con un bellissimo arcobaleno apparso proprio sopra Dublino.

Non molti sanno, però, come spiega un briefing di The Guardian che l’Irlanda dal 2010 possiede l’istituto delle unioni civili per le coppie dello stesso sesso, un regime che a seguito dell’esito del referendum è destinato a scomparire. Tale disciplina conteneva almeno 160 differenze giuridiche rispetto al matrimonio, differenze che non solo rendevano i cittadini gay e le cittadine lesbiche irlandesi persone di serie B all’interno della stessa comunità, ma che hanno indotto il legislatore ad intervenire più volte per sanare questi difetti di ordine legislativo.

E non è tutto. Il recentissimo Children and Family Relationships Act, approvato lo scorso aprile 2015, estende già alle coppie dello stesso sesso la possibilità di adottare, dettaglio che sembra essere sfuggito ai sostenitori del no, che durante la campagna referendaria hanno invece sostenuto che l’approvazione dell’emendamento costituzionale avrebbe violato il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre.

Il silenzio della politica nostrana dimostra quanto l’Irlanda sia lontana, e non solo geograficamente. L’Irlanda in 5 anni ha decisamente superato tutto quello che la politica ci vorrebbe propinare adesso: la solita, noiosa tiritera delle unioni civili, come ha dichiarato Laura Boldrini, da approvarsi chissà come e chissà quando, con il riconoscimento di diritti minimi fisiologicamente diversi da quelli che, soli, sarebbero invece idonei a regolare la vita di coppia, cioè i diritti discendenti dal matrimonio. Da noi si riesce a perdere tempo persino sulla questione dell’estensione della pensione di reversibilità e su quel surrogato che è la secondparent adoption (l’adozione del figlio del partner), che non risolve certo i problemi dell’omogenitorialità.

L’Irlanda ce l’ha fatta: è più inclusiva e aperta, afferma che ciò che conta è l’amore tra due persone, non il loro genere. Per raggiungere questo obiettivono sono state sufficienti poche parole, una frase appena. In Italia, invece, al disegno di legge in discussione sono recentemente stati proposti 4.320 emendamenti (quattromilatrecentoventi!), quasi tutti di provenienza NCD. Uno di questi, a firma Giovanardi, fa persino sorridere:

Due persone dello stesso sesso (purché non sposati ovvero accompagnati, nemmeno all’estero o per altro ordinamento riconosiuto dall’ONU) costituiscono un’amicizia civilmente rilevante quando dichiarano di voler fondare tale unione a mezzo reciproca raccomdnata con ricevuta di ritorno in plico, ovvero a mezzo posta elettrnica (eventualmente certificata) inviata per consocenza all’Ufficiale di Stato civile della residenza di entrembi i concubini.

Non ci facciamo mancare veramente nulla, neppure gli errori di scrittura (che ho volutamente tenuto), e nemmeno la qualifica di concubini. Come l’Irlanda. Solo che là la politica e i cittadini si sono guadagnati, con una frase inserita nella Costituzione, la dignità di essere chiamati tali. In Italia, con migliaia di frasi ed emendamenti inutili, una politica indegna perdura, senza alcuna vergogna, nel proprio boicottaggio dell’intera popolazione omosessuale italiana.

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