Sono i signori che dominano il traffico di esseri umani che con la vita, i sogni e a volte la morte di connazionali accumulano ricchezza. Associazione a delinquere e favoreggiamento di immigrazione e permanenza clandestina le accuse contestate dalla Polizia di Stato che ha fermato, su ordine della Dda di Palermo, i componenti di un’organizzazione criminale composta da eritrei, etiopi, ivoriani e ghanesi responsabili dell’ingresso illegale di migliaia di connazionali pagato a duro prezzo con nel caso del naufragio di domenica nel Canale di Sicilia. In totale sono 24 le persone fermate.

Tra le persone coinvolte nell’indagine anche due personaggi noti agli inquirenti: Ermias Ghermay, etiope, e Medhane Yehdego Redae, eritreo, ritenuti tra i più importanti trafficanti di migranti che operano sulla cosiddetta ‘rotta libica’.
Ghermay, che vive e opera a Tripoli e Zuwarah, è latitante dal luglio del 2014, quando nei suoi confronti su emesso un provvedimento cautelare, esteso anche in campo internazionale, dopo il naufragio avvenuto il 3 ottobre 2013 davanti alle coste di Lampedusa, in cui persero la vita almeno 366 migranti. Del tragico viaggio l’etiope è ritenuto organizzatore e responsabile. (Nella foto alcuni migranti salvati in una delle ultime operazioni di soccorso, ndr)

L’inchiesta, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Maurizio Scalia, ha portato a scoprire anche una cellula della stessa organizzazione criminale, complementare a quella che agisce in Africa, composta da eritrei che vivono in Italia, in particolare nelle province di Palermo, Agrigento, Catania e Milano. Questa parte dell’organizzazione, in cambio di altro denaro, gestisce le fughe dei migranti dai centri di accoglienza, dà loro il supporto logistico per restare clandestinamente in Italia e ne agevola il successivo espatrio, sempre illegalmente, verso altri Paesi dell’Ue come Norvegia, Germania e Svezia. L’indagine ha svelato, inoltre, transazione di denaro, prevalentemente movimentato tramite canali illegali, per centinaia di migliaia di euro.

L’inchiesta, condotta dallo Sco e dalle Squadre Mobili di Palermo e Agrigento, è il seguito dell’inchiesta avviata dopo il tragico naufragio del 2013. Gli investigatori individuarono allora uno degli scafisti, poi condannato a vent’anni di carcere, e scoprirono il suo ruolo nella rete di trafficanti che intercettava migranti durante il viaggio nel deserto, li rapinava, li torturava e pretendeva da loro denaro per la liberazione, prima di consegnarli ad un altra banda che gestiva la traversata. Gli indizi che hanno poi portato gli inquirenti ad individuare il network criminale azzerato oggi e i capi dell’organizzazione come Ghermay e Redae. Attraverso le intercettazioni telefoniche delle utenze di Ghermay è stato possibile risalire all’identità degli altri componenti dell’organizzazione criminale, fermati oggi, e i loro ruoli.

“In Libia si calcola che ci siano tra 500mila e il milione di siriani e subsahariani in attesa di fuggire verso l’Europa” dice il procuratore aggiunto di Palermo Maurizio Scalia.”È un traffico di essere umani inarrestabile quello che arriva dalla Libia, soprattutto per il numero di migranti che vogliono raggiungere l’Italia e l’Europa e per la possibilità di facilissimo guadagni. Dalle intercettazioni abbiamo accertato che il prezzo medio per giungere da paesi africani come il Sudan, l’Eritrea la Libia è tra i 4.000 e i 5.000 dollari. Poi, dalla Libia all’Italia il viaggio costa dai 1.000 ai 1.500 dollari. Sono trafficanti in contatto con altri extracomunitari ai quali preannunciano gli sbarchi ai quali vengono forniti i numero di telefono dei referenti sul nostro territorio nazionale”.

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