E’ stato tradotto e commentato dal prof. Renato Pugno un recente studio dal titolo “L’alta velocità ferroviaria in Europa e in Asia: lezioni per gli Stati Uniti”, realizzato da una fondazione indipendente Baruch Feigenbaum, Reason Foundation 2013. Dopo aver esaminato le prospettive che avrebbe l’Alta Velocità negli Usa, lo studio fa un esame dei costi dell’Alta Velocità nel Mondo.

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Il confronto tiene conto di diversi fattori: morfologia e idrogeologia del territorio, geologia dei terreni, bonifiche, standard tecnici e le mitigazioni degli impatti prodotti. Dalla tabella emerge che i costi  della rete Alta Velocità italiana hanno valori medi attorno ai 38 milioni di euro a km, contro una media del mondo di 17 milioni a km, valori assolutamente anomali e patologici del nostro Paese. Poiché i progetti contenuti nello “Sblocca Italia” assumono inerzialmente le stesse previsioni dei costi e lo stesso “andazzo” contrattuale per tali opere, c’è da pensare che le cose, sotto il profilo progettuale e gestionale, restino le stesse che hanno generato costi pubblici enormi; senza dimenticare il grave costo ambientale e lo squilibrio con il pessimo trasporto dei pendolari.

Anche i costi di esercizio dell’Alta Velocità in Italia sono i più alti tra tutti i Paesi europei ed asiatici presi in esame che evidenzia i limiti “industriali” nella produzione dei servizi industriali.

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Come se non bastasse, le tariffe per gli utenti praticate sulla rete italiana di AV costituiscono un altro elemento di elevato finanziamento pubblico anche a valle dell’investimento.

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Risultano quindi, in modo inequivocabile, tutti i limiti della costosa rete nazionale ad Alta Velocità e la necessità di verificare se e come continuare con i vecchi progetti di estensione della rete. Lo stato delle finanze pubbliche obbliga ad adottare misure di analisi dei costi e dei traffici più efficaci di quelle finora adottate (ammesso che siano state adottate). Una analisi costi-benefici, eseguita da un soggetto terzo, dovrebbe essere alla base della valutazione del Parlamento per decidere se  proseguire o meno con i progetti di Alta Velocità. Una nuova valutazione sulla continuazione del progetto di Alta Velocità italiana dal punto di vista economico-finanziario, trasportistico ed ambientale è diventata una emergenza, anche per strappare alla malavita il controllo di parte dei futuri appalti.

In questi giorni si è aperta al Ministero delle Infrastrutture la conferenza di servizio per la tratta Brescia-Verona. Si dovrebbe condividere un progetto approvato dal Cipe nel 2003 e pensato nel secolo scorso. Esso prevede un tracciato che evita Brescia e il lago di Garda (22 milioni di turisti l’anno). Oltre agli enormi costi previsti di 3,8 mld ma secondo gli esperti si arriverebbe a 5,5 mld. Ci sarebbe anche la beffa della prevedibile sottoutilizzazione come nel caso della Torino-Milano. Il tracciato inadatto e perdente sotto il profilo trasportistico, prevede di toccare l’aeroporto di Montichiari (BS), allungandosi, dove nel 2013 sono transitati la risibile cifra di 10.300 passeggeri. A Parigi l’AV tocca il De Gaulle dove transitano però 62 milioni di passeggeri!

In una ricerca commissionata da Legambiente al prof. Renato Pugno viene evidenziato che l’area gardesana del Lugana produce un Pil di 50 milioni di euro l’anno, mentre i 9 chilometri di Tav che l’attraversano, stante l’obsoleto progetto del Cipe, genererebbe un Pil di quasi 3 milioni di euro l’anno. Una cifra inaccettabile che, non collegando né Brescia né l’area turistica del Garda, non è in grado di intercettare i flussi di utenza che, forse, la giustificherebbero. Per evitare una perdita netta di ricchezza, e per sapere se andrebbe potenziata la tratta solo tecnologicamente oppure con un terzo o quarto binario, servirebbe un accurato esame della domanda di traffico passeggeri e merci.

La Brescia-Verona, se rimane questo tracciato, non contribuirà alla crescita del Pil ma sarà solo una redistribuzione negativa del reddito a favore degli utenti di AV oltre che un sicuro danno ambientale e turistico della zona. E’ bene che il Parlamento approfondisca questo tema prima di compiere un grave errore.
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